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SIT IN di Solidarietà con il popolo del Tigray

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Tigray, la guerra dimenticata.

Sabato 3 luglio, ore 18,00 giardino G. Pascoli, Piazza della Repubblica, Udine ci troviamo per una manifestazione di solidarietà con il popolo tigrino vittima di abusi, violenze, fame, a rischio genocidio.

 

Tra il 3 e 4 Novembre 2020  su ordine del   premio Nobel per la pace 2019, Abiy Ahmed Ali, le truppe di difesa etiope  (ENDF) hanno invaso il Tigray. Il governo etiope ha affermato di aver agito dopo gli attacchi del TPLF alle basi militari dell’ ENDF.

Accanto all’aggressione dell’esercito etiope e delle milizie Amhara, è intervenuto anche l’esercito eritreo. Il Tigray è stato in questo modo chiuso in una morsa di violenze inaudite contro la popolazione civile. Per mesi non è stato possibile avere accesso a quelle zone, ma ora sappiamo quello che è accaduto. Hanno avviato nei fatti un’operazione genocidaria di sopraffazione dei civili. Si parla di oltre 500 mila morti, stupri come arma di guerra, 4 milioni di sfollati, più di 70 mila profughi rifugiati in Sudan. Infrastrutture  civili : ospedali, scuole, università saccheggiate , e molte distrutte.

Questo ha innescato una crisi umanitaria in rapido peggioramento, con 900 mila persone sull’orlo della carestia secondo le Nazioni Unite e 140.000 bambini “che affrontano condizioni simili alla carestia”.

Sono stati presi di mira anche molteplici siti ed aree di culto, monasteri e uomini di chiesa, massacrati ed uccisi: il Patriarca della chiesa Ortodossa ha definito, dopo mesi di censura da parte del governo centrale, “guerra genocida”: confermata  anche dal segretario di stato  americano Blinken.

Sono usciti report di massacri compiuti su centinaia di civili. Le strutture sanitarie, come riportato da Amnesty, sono state occupate, danneggiate per l’80% del territorio del Tigray: questo è definito crimine di guerra. Gli operatori sanitari stessi a tutt’oggi non possono operare e muoversi agevolmente e in sicurezza sul territorio bloccati dai checkpoint dei soldati ENDF ed eritrei. Tutto questo in un Tigray tagliato fuori dal mondo per un blackout totale sulle comunicazioni per mesi: 8 mesi di violenze nascoste al mondo per volontà strategica politica e militare.

Il Premier Abiy ha dichiarato il 21 Giugno, dopo le elezioni, che non esiste fame in Tigray, ma solo un problema che il governo risolverà. L’Italia in tutti questi mesi è rimasta silente ed immobile ed è intervenuta con  400.00 euro per finanziare le elezioni farsa,  vista l’organizzazione non all’altezza, votazioni spalmate su due giorni, un 100inaio di seggi chiusi per irregolarità e alcune regioni non votanti causa stato di emergenza.

Parallelamente alla catastrofe umanitaria del Tigray, altre insurrezioni sociali e conflitti si sono aperti in Etiopia  tra Oromo e Amhara ( su FocusOnAfrica.it esistono diversi approfondimenti a riguardo). Il 28 giugno il TDF ha riconquistato e liberato Mekelle, facendo uscire l’ENDF e quindi dichiarando vittoria agli occhi del mondo. Il 29 Giugno il Governo etiope ha dichiarato unilateralmente il cessate il fuoco per motivazioni umanitarie (potrebbe essere solo temporaneo): il cessate il fuoco era stato chiesto dalla comunità internazionale da mesi ad Abiy, ma ha sempre rifiutato, quindi la sua attuale presa di posizione sembra più il risultato della sconfitta del suo esercito più che una risposta agli attori internazionali

Ad oggi si chiede ancora che: 1. le truppe eritree escano dal Tigray, la principale fonte di violenza e repressione verso il popolo tigrino; 2. gli operatori umanitari possano operare in totale sicurezza ed in tutto il territorio tigrino per aiutare ogni singola persona bisognosa di supporto sanitario ed alimentare; 3. servono indagini indipendenti per poter trovare responsabili ed imputargli le varie responsabilità per i vari crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati in Tigray;

 

per approfondimenti e maggiori informazioni suggerisce di consultare Focus On Africa di Antonella Napoli, magazine online di settore dedicato al continente africano, che ha seguito e sta continuando ad aggiornare i suoi lettori fin dall’ inizio della guerra (come pochi altri media italiani hanno fatto). Davide Tommasin – collaboratore di Focus On Africa

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