Siamo Afropolitans : non cittadini, ma gli africani nel mondo
( Taye Selasi tratto dal suo saggio: Bye-Bye Barbar del 2005 )
Dal festival della letteratura di Mantova, da poco concluso, abbiamo avuto modo di ascoltare gli interventi di alcuni dei nuovi scrittori africani cosmopoliti quali Taiye Selasi, Teju Cole, Binyavanga Wainana, etichettati come “Afropolitan”  figli della diaspora africana  che vivono maggiormente e in forma più o meno stabile nei paesi occidentali.
Il termine Afropolitan  (Africa+root-polis ovvero città ), è stato coniato per descrivere e ridefinire le cittadinanze africane delle metropoli  che producono  “cultura” rappresentata dalle varie forme di arte,  moda, musica e nuova letteratura che contribuiscono a ridisegnare per certi aspetti la cultura e la società africana metropolitana. Non si tratta a nostro avviso di una nuova corrente letteraria, così come è stato sostenuto da diversi critici e giornalisti presenti al festival, quanto di un termine nuovo per descrivere la nuova generazione di giovani africani metropolitani, cosmopoliti, ben istruiti, rappresentanti di quella borghesia e classe media  nera urbana che gestisce, o è vicina, ai centri di potere politico ed economico. La rivista Afropolitan rappresenta molto bene questi stili di vita.  Ma è stata Taye Selasi, scrittrice con il suo saggio del 2005 Bye Bye, Babar a rendere popolare questo termine e a dare il via, involontariamente, alla classificazione dei nuovi autori africani come scrittori Afropolitan.
Certamente questi scrittori contribuiscono a raccontare le società multietniche con un punto di vista diverso che presidiano “l’africanità ”  in modo inedito rispetto al passato o rispetto ad altri autori africani contemporanei. Certo è che  queste letture sono coinvolgenti , raccontano storie che rappresentano una nuova visione della realtà vissuta da una parte degli africani, afropolitan appunto, a partire dall’uso della lingua che non è più quella locale, ma quella dei colonizzatori, inglese meglio di altre anche per  raggiungere un vasto mercato di lettori. Al contraio di Ngugi wa Thiong’o sessassantaseienne keniota che ha invece fatto l’operazione inversa scrivendo oggi nella sua lingua natia gikuyu.
Taiye Selasi
Teju Cole
Binyavanga Wainana