In Arabia Saudita si calcola che attualmente risiedano oltre 7 milioni di stranieri arrivati per lavoro anche se precario, irregolare, insicuro, ma buono per sopravvivere o mantenere la famiglia nel paese di origine. Dopo aver concesso sei mesi di tempo ai milioni di lavoratori immigrati per regolarizzare la loro posizione legale, dall’inizio del mese di Novembre la polizia ha intensificato i controlli e tollerato violenze e soprusi contro quelle persone che vivono nei quartieri più poveri, costituiti per lo più da immigrati economici spesso senza permesso di soggiorno. Gli etiopi in particolare sono stati oggetto di maltrattamenti, arresti e violenze, soprattutto nel confronto delle donne. Dalle notizie che filtrano sarebbero stati arrestati 16.500 etiopi di cui la metà nel sud, ai confini con lo Yemen. Altri 5000 alla Mecca dove molti sono arrivati come pellegrini, altri 1000 nella capitale Ryad. Centinaia di migliaia poi sono stati gli immigrati che in tutta fretta hanno abbandonato l’Arabia Saudita, mentre tumulti sono scoppiati nel quartiere povero di Riyadi e nel quartiere di Manfuhah che hanno causato la morte di alcuni manifestati, il ferimento di almeno 68 persone. La polizia ha arrestato 561 stranieri, mentre sauditi armati di mazze di baseball, linciavano gli etiopi.
Molti dei lavoratori stranieri dicono che non potevano utilizzare la sanatoria a causa delle difficoltà burocratiche o controversie con i loro “sponsor” iniziali. I lavoratori stranieri entrano su invito e non possono cambiare o lasciare l’Arabia Saudita senza il permesso dei loro sponsor che in genere sono le società saudite o individui che forniscono alle imprese i lavoratori a scopo di lucro. Amnesty International a fine ottobre ha censurato le autorità saudite per non affrontare la “disastrosa situazione dei diritti umani” nel regno. Il gruppo ha anche consegnato un documento alle Nazioni Unite dove evidenzia anche “la nuova ondata di repressione contro la società civile, che ha avuto luogo nel corso degli ultimi due anni”. E’ di qualche mese la denuncia di analoghi episodi di sfruttamento e repressione nei confronti dei lavoratori immigrati che lavorano nel uQatar impegnati nelle opere di costruzione in vista dei mondiali di calcio del 2022.
L’Etiopia, con i suoi 91 milioni di abitanti, è uno dei paesi più popolati dell’Africa , ma anche uno dei più poveri, con un elevato tasso di disoccupazione è del 27% tra le donne e del 13% tra gli uomini (Fonte ILO) e per queste ragioni centinaia di migliaia di persone, uomini e donne, cercano lavoro in Arabia Saudita, nei paesi del Golfo, in Kenia dove , notizia di questi giorni, il governo keniano ha predisposto un piano per il rimpatrio di oltre un milione di profughi somali. La diaspora etiope insomma è al centro di un grande processo di discriminazione che trova il suo epicentro di violenze in Arabia Saudita dove, a seguito di questa decisione, l’economia si è paralizzata. Secondo poi l’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite dice che circa 51.000 etiopi quest’anno hanno rischiato la vita nella traversata del Golfo di Aden per raggiungere l’Arabia.