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La fame nel mondo

Lo scorso anno, si parlava molto di crisi alimentare. Il prezzo del grano, del mais, del riso ed altri ingredienti di base della dieta umana, stava radoppiando e triplicando , quindi aumento dei prezzi dei generi alimentari con conseguenze devastanti soprattutto nei paesi poveri.Di fronte a questo si sono levate molte voci, molte analisi e critiche. Anche le agenzie mondiali hanno fatto autocritica. Si ricercavano soluzioni sostenibili. Per ridurre questo ciclo perverso si sarebbe dovuto aiutare finanziariamente gli agricoltori dei Paesi poveri, ridurre drasticamente le enormi superfici cerealicole destinate alla produzione di biocarburanti, considerati allora come una panacea contro il caro petrolio. Per un pieno di 50 litri di bioetanolo bisogna bruciare 358 chili di mais. Una quantità che consentirebbe ad un bambino africano di vivere per un anno. Altre iniziative, necessarie ma mai realizzate, quelle destinate a ridurre le sovvenzioni all’agricoltura dei Paesi sviluppati , che hanno frenato la produzione alimentare e l’investimento nell’agricoltura in numerosi Paesi in via di sviluppo.

Il premier Brown chiedeva di disincentivare il riocorso ai biocarburanti; L’Unione Europea incrementava di 117 milioni, per un totale di 284 la somma per gli aiuti umanintari nel bilancio comunitario. Louis Michel, commissario allo sviluppo denunciava il disastro dell’aumento dei prezzi degli alimenti di base, per milioni di esseri umani gias minacciati dalla morte per fame. La comunità internazionale si era mobilitata, la Fao aveva chiesto oltre 700 milioni di dollari, promessi da molti paesi ma mai veramente messi a disposizione.

Poi la crisi finanziaria mondiale ha di fatto mandato all’aria queste priorità e oggi ci troviamo in piena crisi alimentare con un miliardo di persone che soffrono la fame. La differenza di questa drammatica situazione non è tanto determinata dalla mancanza di cibo quanto dal fatto che quella crisi alimentare denunciata all’inizio del 2008, è stata provocata dalla speculazione finanziaria che cercava di contenere gli effetti prevedibili, dei "credit crunch" , puntando a controllare e drogare il mercato internazionale delle materia prime agricole.

Una crisi alimentare molto grave annunciata che ha colpito a livello planetario. La geografia della malnutrizione oggi avanza anche nei Paesi ricchi, certo i 15 milioni di affamati di europei e nordamericani possono essere poca cosa in confronto dei 250 milioni di africani o i 640 milioni di affamati dell’Asia-Oceania.

Ancora una volta governi, istituzioni internazionali, agenzie per lo sviluppo oltre a non essere intervenute in modo efficace hanno di fatto rinunciato a fare della sicurezza alimentare,con tutto quello che ciò comporta, una vera arma contro le ingiustiziee le disuguaglianze globali.

Le politiche contro la fame si possono fare. Non manca il cibo nel mondo, il problema che la speculazione finanziaria, l’economia del più forte, gli scambi disuguali, il dogma del mercato come forza di aggiustare tutto non funziona. Come ricorda Jean Ziegler, ex relatore dell’Onu sul diritto al cibo, il 52% del Prodotto lordo del pianeta è in mano a 500 multinazionali.

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