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La Cina preoccupata situazione in Sud Sudan

20060503

Alla fine anche la Cina che in Africa, così si dice, non mette mai il becco negli affari interni dei vari paesi, questa volta ha fatto sentire la sua voce chiedendo la fine immediata delle ostilità in Sud Sudan, dove il governo è in trattative con il vicino Sudan, per dispiegare una forza militare congiunta il cui obiettivo è quello di proteggere i giacimenti petroliferi da eventuali attacchi dei ribelli.
Il  ministro degli esteri cinese, Wang Yi, si è detto profondamente preoccupato per i disordini in Sud Sudan, che hanno  lasciato fino ad ora più di 1.000 morti e ridotto i flussi di petrolio di circa un quinto. “La posizione della Cina per quanto riguarda l’attuale situazione in Sud Sudan è molto chiara”, ha detto Wang ai giornalisti ad Addis Abeba, in Etiopia, dove sono in corso colloqui diretti volti a un cessate il fuoco. “In primo luogo, chiediamo l’immediata cessazione delle ostilità e la violenza.” Ha ribadito il ministro cinese. La Cina, secondo il ministro, avrebbe fatto quello che poteva per aiutare a ripristinare la stabilità nel Sud Sudan e ha esortato potenze internazionali a  sostenere gli sforzi di mediazione etiope. Un delegato etiope ha detto a Reuters che Wang ha incontrato sia i ribelli  che le  delegazioni governative.
La Cina in Africa
La Cina in Africa è il più grande partner commerciale, ha superato negli ultimi dieci anni gli Stati Uniti e ha sempre dichiarato di  rimanere neutrale e non interferire nella politica interna degli stati africani. Evidentemente la situazione che si è venuta a creare in Sud Sudan crea allarme soprattutto perché corre il rischio di ripercuotersi negativamente sul flusso di petrolio sudanese indispensabile per alimentare l’economia cinese. La Cina è infatti il più grande investitore in giacimenti petroliferi nel Sud Sudan attraverso i gruppi petroliferi cinesi di proprietà statale: China National Petroleum Corp (CNPC) e Sinopec. Gli scontri tra ribelli e esercito regolare del Sud Sudan hanno costretto la CNPC ad evacuare i lavoratori.
Il Sud Sudan
111Aby500Simile per dimensioni alla Francia,  il Sud Sudan, secondo le stime di BP, dispone le terze più grandi riserve di petrolio dell’Africa sub-sahariana. Questo dato attira ovviamente l’attenzione globale sui fatti locali,  e non a caso il presidente sudanese Omar al-Bashir, a meno di due anni crisi che ha rasentato il conflitto a causa del petrolio,  è volato a Juba per incontrare il suo omologo del Sud Sudan Salva Kiir.  L’arrivo di Bashir riflette i timori sudanesi che il conflitto, in corso da  tre settimane, potrebbe danneggiare la sua economia in difficoltà. Tutto il petrolio, per raggiungere lo sbocco a mare,  è convogliato attraverso il confinante Sudan di Bashir fornendo, grazie alle tasse di transito, valuta pregiata e vitale  per l’economia di  Khartoum.  Infatti le consultazioni in corso hanno l’obiettivo di dispiegare una forza mista per proteggere i giacimenti petroliferi del sud. Il ritorno delle truppe sudanesi a sud potrebbe però dirottare  la crisi in modo imprevedibile, perché nel corso del conflitto nord-sud, che ha portato all’indipendenza del sud sono morte almeno due milioni di persone.
La situazione sul terreno
Forze anti-governative fedeli al leader ribelle Riek Machar controllano la città di Bentiu, la capitale dello stato di Unity, ricco di petrolio. Il governo del Sud ha detto che il petrolio non fluisce dai campi di Unity e che  la maggior parte, se non tutti, dei lavoratori petroliferi cinesi e pakistani hanno lasciato il paese a causa dello scoppio della violenza. Kiir, l’attuale presidente del Sud Sudan, e Machar erano compagni durante la lotta del sud contro Khartoum, che culminò in un referendum che aprì la strada alla  secessione nel luglio del 2011. Le Relazioni con il Sudan sembravano definitivamente compromesse e una guerra tra i due Sudan era possibile. Ma nel marzo del 2013, i due paesi hanno ripreso  il pompaggio del  petrolio attraverso gli oleodotti da sud a nord e un  mese dopo Bashir ha fatto la sua prima visita nel Sud Sudan.
bashir e Salva KiirCerto è che la morte di uomini e donne sull’altare della indipendenza del Sud Sudan fa dire a  Bashir che alla fine il sacrificio compiuto, da entrambi i lati, non ha portato buoni frutti.  “Siamo venuti a vedere cosa possiamo fare per fermare questa guerra sapendo fin troppo bene che i conflitti armati non risolvono i problemi per quanto complicati essi siano, devono essere risolti al tavolo dei negoziati” questo ha detto Bashir e ancora: “Abbiamo combattuto l’un l’altro per 20 anni e alla fine ci siamo seduti e abbiamo parlato di pace. Ogni ulteriore combattimento è solo una perpetuazione di sofferenza per i civili innocenti e perdita di vite umane e più distruzione”. Ha aggiunto: “Siamo convinti che un conflitto armato potrà solo creare complicazioni e non poterà nulla di buono al popolo (Sudan del Sud), devono e torneranno al tavolo dei negoziati”.
Kiir ha detto ai giornalisti che “prendere il potere con la forza militare è un crimine”, e che le azioni di Machar dovrebbero essere condannati dalla comunità internazionale.
La crisi umanitaria
Nonostante la pressione internazionale , la violenza continua soprattutto fuori della città del Bor, capitale  dello stato di Jonglei, che ha riserve di petrolio non sfruttate. Domenica scorsa un generale alla guida di un convoglio dell’esercito sud sudanese  è stato ucciso quando a seguito di   un agguato dei ribelli.
202053186-f4fc3e22-964f-4285-a899-ff68f2a1296fOxfam ha sottolineato la   crescente crisi umanitaria , notando che il campo profughi Awerial, sulle rive del Nilo,  accoglie ora  75.000 persone.  Desiderio Assogbavi, capo dell’ufficio di collegamento dell’Unione africana della carità, ad Addis Abeba, in Etiopia, ha detto: “Migliaia di famiglie che già vivono in condizioni di estrema povertà, sono stati spinte dalle loro case e tagliate fuori da ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere. “Stiamo facendo tutto il possibile per garantire alle persone   colpite dalla violenza di garantire  i loro bisogni primari soddisfatti, come l’accesso a cibo, acqua e condizioni di vita igienico-sanitarie. Ma se il conflitto continua, diventerà ancora più difficile soddisfare le crescenti necessità delle persone coinvolte nella violenza “.
Kiir ha accusato il suo vice-presidente ed ora suo rivale  Machar, che nel mese di luglio, ha dato il via ad una serie di  combattimenti nel tentativo di prendere il potere. Il conflitto ha assunto sfumature etniche: Kiir è dalla comunità Dinka maggioranza e Machar dal gruppo Nuer.
 

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