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Calais come Lampedusa

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Alla fine anche Londra e Parigi dicono che Calais non è un problema solo loro ma di tutta l’Europa.  Speriamo che ora la questione dei profughi e degli immigrati vengano affrontati e gestiti a livello europeo. In attesa delle nuove mosse della politica europea abbiamo pensato di tradurre l’articolo di Marta Arias de El Mundo, apparso la settimana scorsa.

Un’articolo che descrive la vita e le preoccupazioni dei migranti e dei cittadini di Calais che, come i Lampedusiani, si prodigano per mitigare le condizioni di vita rese dure da una complessiva incapacità di organizzare l’accoglienza e l’integrazione da parte dello Stato.

Marta Arias (libera traduzione di Time For Africa)

Nel campo di accoglienza autogestito di Calais “The jungle” c’è l’amalgama delle principali vittime dei conflitti nel mondo. Il campo, la cui diagonale  è più lunga di tre chilometri, è distribuito sulla base dell’appartenenza etnica o paese di origine. La maggior parte proviene dal Sudan. Poi ci sono afgani, pakistani, siriani. Un piccolo appezzamento di terreno è occupato da eritrei, in un altro le tende degli Etiopi. Qui quasi tutti cercano di nascondere la propria identità per evitare, in futuro, eventuali problemi.  Questa sembra essere l’ultima cosa sacra a Calis.

14381978193644Céline Morin è responsabile della distribuzione e della solidarietà internazionale e lavora in questo luogo fin dalla sua comparsa nel mese di marzo.  Ci racconta che questo campo profughi  non ha lo status ufficiale, è sorto dal nulla. Le persone in cerca di rifugio, senza diritti si sono qui incontrate e organizzate. Siamo solo a tre ore da Parigi ed è la prima volta in 35 anni che viene resa disponibile un’area in genere riservate a situazioni di guerra o di calamità naturali.  In mancanza di una risposta decisiva  da parte dei governi, quattro ONG hanno deciso di unire le forze per affrontare la situazione e fornire sostegno alle organizzazioni locali,  a cui poi si è unita la solidarietà internazionale con MDM, Secours Catholique e Secours Islamique .

Antoine Osbert, responsabile di Secours Catholique  osserva che che la situazione è insostenibile, le autorità fanno poco e nulla con il rischio di trasformare Calais in una Lampedusa del nord Europa
Alla ricerca di opportunità

Nella “giungla” ogni giorno circa 3000 migranti si concentrano per tentare di attraversare il Canale della Manica . Nascosti in camion e treni cercano di raggiungere il confine che li separa dal Regno Unito . Antoine, un immigrato clandestino  ci dice che là, indicando l’altra costa,   ci sono norme più permissive che consentono di trovare  facilmente lavoro.  “Tutti possono lavorare in Inghilterra, anche senza documenti”. Da Lunedì scorso i tentativi di intrusione clandestina attraverso l’Eurotunnel hanno registrato un’impennata.   Secondo fonti della polizia,  1500 i tentativi all’inizio di lunedì saliti ad oltre 2000 il martedì che ha registrato la morte dell’immigrato sudanese investito da un camion. E’ la nona persona che muore qui da inizio giugno. La società che gestisce l’Eurotunnel dice fino ad ora, dall’inizio dell’anno, hanno intercettato più di 37.000 persone in cerca di nuove opportunità e di pace.

Migrants make their way across a fence near near train tracks as they attempt to access the Channel Tunnel in Frethun, near Calais, France, July 29, 2015.  REUTERS/Pascal Rossignol
Migrants make their way across a fence near near train tracks as they attempt to access the Channel Tunnel in Frethun, near Calais, France, July 29, 2015. REUTERS/Pascal Rossignol

Calais, cittadina  con poco più di 74.000 abitanti,  è il punto più vicino all’isola britannica e, per anni, migliaia di migranti si sono stipati in questo luogo in attesa di varcare il  confine. Da quando le onde migratorie verso l’Europa sono aumentate anche Calais è diventata il punto di riferimento, l’approdo prima del balzo in avanti verso la Gran Bretagna. Così dal  mese di marzo ha preso corpo lo spazio di “The Jungle” anche perché il vecchio centro diurno non era più in grado di accogliere persone. Un rapporto dell’UNHCR pubblicato nel marzo ha denunciato le condizioni di vita in questo luogo e descritto come senza precedenti in Europa: 30 rubinetti di acqua potabile per circa 3.000 persone, 60 docce, 20 bagni, cattiva alimentazione, cure mediche inadeguate . Condizioni molto lontane dagli standard minimi definiti dalle norme internazionali  che indicano in almeno un punto d’acqua per ogni 250 persone o latrina per ogni 50.

In costante pericolo

Anche qui ovviamente i migranti non sono sicuri.  Venerdì sera si è sfiorata la tragedia quando un albero,  strappato dal vento, è atterrato su cinque tende all’interno della quale dormivano   25 etiopi. Fossero stati in piedi o seduti sarebbe stata tragedia.  Ma quale destino per queste persone?  “Poco cibo, senza riparo, senza vestiti ”  dice Ahmel,  Etiope con nome inventato al momento,  è arrivato da poco al ‘The Jungle’ , non pensava di trovare questa situazione a Calais: “Questa è l’Europa. Questa è l’Unione europea! Dove sono i diritti umani? Siamo umani. Siamo neri, ma siamo esseri umani”.14381979104566

 

Anche qui  “The Jungle”  non sembra una cosa temporanea. Gli immigrati vogliono stabilirsi in Europa, cercare un lavoro. Per fare questo c’è la necessità, prima di tutto, di imparare una lingua : francese, inglese.  Molti sono gli insegnanti volontari che contribuiscono in questo. Da tre settimane funziona una “scuola” aperta grazie alla determinazione di Sumako, un immigrato nigeriano che vive da molti mesi nel campo  “ E’ una struttura molto solida. Difficile è stato trovare i pallet  ma ora so che anche sotto la pioggia e brutto tempo, la parte interna è al sicuro”, dice aprendo la porta della scuola . All’interno mappe, disegni, sedie di diversi modelli e materiale scolastico di ogni genere. Quasi tutto quello che si vede sono donazioni di cittadini.

 Sostegno dai  vicini

Di tutta questa situazione sono colpiti anche i cittadini di Calais che non sono indifferenti a questa ondata di migranti.  Anche in questa città i migranti sono oggetto di conversazione e , come spesso accade,  gruppi minori di cittadini fanno di tutto per cacciarli  via con violenza e minacce. Certo sono la minoranza ma sono rumorosi e possono veramente creare ulteriori problemi senza contribuire alla soluzione di questa Lampedusa francese.

Guarda il video ultima ora 
http://video.repubblica.it/mondo/francia-in-gran-bretagna-non-si-passa-i-migranti-tornano-a-calais/208654/207756
 

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