L’Etiopia è entrata nella spirale della guerra che il Primo Ministro, già Premio Nobel per la Pace, non è stato capace o meglio, che non ha voluto gestire con la diplomazia. Quello che sta accadendo nel Tigray si sta configurando come un genocidio. I dati parlano chiaro. In sei mesi di guerra i morti sono decine di migliaia, non ci sono dati ufficiali ma solo le testimonianze dirette che fanno filtrare le info attraverso vari canali. Quasi due milioni di sfollati e 4,5 milioni necessitano di aiuto umanitario.
Situazione drammatica, gli stessi aiuti umanitari non riescono ad arrivare a destinazione. I civili pagano veramente il durissimo prezzo di questa guerra che, dati gli sviluppi Abi Hamed deve avere sicuramente pianificato. I bambini poi sono quelli che soffrono di più, separati volontariamente dai genitori come denuncia Save the Children.
Il Tigray veramente è a rischio genocidio, ma poche voci si levano per fermare il massacro. L’ONU nel consiglio di sicurezza del 22 aprile, ha espresso grande preoccupazione e la missione diplomatica etiope all’ONU ribadisce che quanto avviene nel Tigray è affare interno. Dall’Italia nulla….. questo è molto preoccupante e negativo anche per i trascorsi coloniali del nostro Paese.
La diaspora etiope appare divisa mentre sarebbe necessario inviare con forza un messaggio di unità per richiedere la cessazione delle violenze e il ripristino della legalità.
Per approfondire e monitorare quanto sta avvenendo nel Tigray e in Etiopia vi invitiamo a frequentare le pagine di Focus On Africa con gli articoli di Davide Tomasin