La bibilioteca africana ha acquisto l’ultimo libro del grande reporter “africano” Kapuscinski, Si tratta di un a serie di reportage giornalistici che danno l’idea sul processo di decolonizzazione visto in Congo e Ghana. Molro utile perchè presenta un ritratto spietato della vita dei coloni. Vita che molto spesso, fatte le debite proporzioni,conducono gli esperti, i cooperanti, il personale diplomatico che affolla ancora l’Africa.
Ma tra corse in jeep, strade sbarrate e interviste a rivoluzionari ghanesi, si può leggere tra le righe anche una riflessione sul comunismo, su quel marxismo che in quegli anni era molto diffuso nei movimenti anticolonialisti, ma che era anche l’ideologia ufficiale del Paese da cui proveniva Kapuscinski, dove i suoi reportage erano letti.
Anche sul marxismo in versione africana si abbatte l’ironia dello scrittore, sul culto del leader, come quello per il «grande capo» ghanese Kwame Nkrumah («”Lo amiamo davvero con tutta l’anima”, ripete per la decima volta» uno dei suoi uomini, prima di dire a Kapuscinski: «Lei è polacco? Salve, salve! Bella Budapest, eh? Sia noi sia voi vogliamo creare una società priva di classi»).
Sulla veridicità dei reportage letterari di Kapuscinski si è molto polemizzato, ma per lui l’oggettività non esisteva, l’importante era quanto fosse vicino alla verità ciò che scriveva. Così si spiega il tono caricaturale, satirico, di certe sue piacevolissime pagine. Quello che conta, come chiarisce nella postfazione lo storico Bogumil Jewsiewicki, è che i protagonisti dei suoi coloriti reportage sono quasi sempre i neri: «Ha saputo descrivere l’Africa e gli africani dal punto di vista dei leoni e non dei cacciatori».