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Riconciliazione in Sud Sudan: la volta buona?

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Martedì 26 aprile 2016, a Juba, Riek Machar ha prestato giuramento, assumendo le funzioni di Vice-Presidente del Sud Sudan, a quasi tre anni dall’inizio della guerra civile e a quasi un anno dagli accordi di pace del 26 agosto 2015.

Il capo riconosciuto dei ribelli ha fatto appello all’unità e alla riconciliazione per mettere fine al violento conflitto interno che dilania il paese da ben più di due anni. A tale proposito, una relazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, diffusa venerdì, ha lanciato l’allarme per la situazione in Sud Sudan. Il documento parla di stupri di massa – nei quali sarebbero coinvolte le forze governative SPLA (Esercito di Liberazione del popolo sudanese) autorizzate a compiere tali brutali atti a titolo di salario – di civili bruciati vivi o tagliati a pezzi, di un numero di morti oramai fuori di ogni controllo: “per l’Organizzazione – conclude il documento – si tratta di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità”.

sud-sudan-governo-unita-nazionale-orig_mainGli abusi, dilaganti nel paese a partire dall’inizio della guerra civile, dunque, non sarebbero diminuiti e nonostante l’accordo di pace del 26 agosto 2015, tra Salva Kiir, il leader dello stato, e Riek Machar, il capo delle forze ribelli, nel corso del 2015 il conflitto, al contrario, si è intensificato.

All’atto di assunzione di responsabilità da parte di Riek Machar, ha fatto eco la perentoria richiesta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che, attraverso il suo Segretario Ban Ki-moon, ha reclamato la rapida formazione di un governo di unità nazionale e la piena applicazione dell’accordo di pace del 2015. I quindici paesi membri del Consiglio, dal canto loro, hanno preteso il pieno rispetto dei diritti umani e chiesto alle due parti in conflitto di agevolare l’azione dei soccorsi alla popolazione e libertà di movimento per le forze della missione di pace ONU.

Riek Machar, assunto il ruolo di Vice-presidente, ha dichiarato di essersi messo al servizio della completa realizzazione dei contenuti dell’accordo, affinché il processo di riconciliazione e di “guarigione” cominci il più rapidamente possibile e i cittadini possano avere fiducia nel paese per il quale essi hanno così a lungo combattuto.

Dal canto suo, rivolgendo ai suo concittadini l’appello a lavorare per la pace e scusandosi con la comunità internazionale per il ritardo con cui ha preso avvio il processo di pace, Salva Kir si è dichiarato felice d’accogliere Machar come un fratello e di essere convinto che il suo ritorno a Juba segnerà la fine della guerra.

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Soldati Onu sorvegliano campo di protezione a Juba

Secondo Ban Ki-moon, il ritorno di Machar a Juba e la sua nomina a Vice-presidente segnano una nuova tappa nell’applicazione dell’accordo di pace ed è necessario che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU cooperi con l’Union Africain e con lGAD (l’autorità intergovernativa per lo sviluppo che comprende i paesi del Corno d’Africa) per mobilitare ogni possibile forma di supporto al processo di pace.

Secondo il responsabile della missione di pace ONU, Hervé Ladsous, il ritorno di Riek Machar deve aprire una nuova fase nel paese, perché rappresenta per le parti in causa l’opportunità di dimostrare la loro reale determinazione a far avanzare il processo di pace.

Libera traduzione di Time For Africa da JeuneAfrique.com
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