La Repubblica Centrafricana può diventare il prossimo stato fallito a seguito della incapacitĂ dei vari gruppi di potere  di trovare una soluzione a questo conflitto. Una testimonianza diretta da parte di un nostro amico di MSF ci dĂ l’idea di cosa sta accadendo in territorio dell’Africa Centrale
Arjan Hehenkamp
Dal cielo si vede Bossangao , una città di 45.000 persone a circa 300 km dalla capitale Bangui. Da questa distanza la cittadina sembra viva e prospera. I suoi tetti di latta, la loro  geometria composta danno questa impressione. Ma appena si scende a terra ci si rende conto che le cose non stanno così. Le strade sono deserte, la maggior parte degli abitanti si trovano nel grande compound della chiesa dove oltre 30 mila persone sono rinchiuse dalla loro paura. Dopo il colpo di stato del mese di marzo di Michel Djotodia ai danni del vecchio presidente Francois Bozizé fuggito dal paese. I ribelli nella presa di Bangui non hanno esitato a schierare centinaia di bambini soldato mettendo in crisi l’apparato di difesa del presidente Bozizé, tra cui soldati Sudafricani che hanno dovuto sparare ai bambini soldato.
Da quella data il paese è ancora in mezzo alla morsa della violenza  amplificata ora anche dal conflitto religioso che complica ulteriormente le cose. Tutti hanno paura di essere presi di mira da tutti gli altri. Il compound della chiesa è come una prigione a cielo aperto. Le persone non hanno nemmeno il coraggio di andare a prendere la legna per cucinare. Anche se le case sono a poche centinaia di metri da questa area la gente preferisce non muoversi. Quando si cammina all’interno di questo recinto, si affronta una massa brulicante di gente, si naviga in mezzo a tutte queste famiglie esposte che stanno vivendo, cucinando, defecando tutti nella stessa area. Si sta formando una sorta di campo profughi a pochi metri dalle loro case. Accanto a questi ci sono poi un gruppo di 1500 cristiani che si sono accampati in una zona protetta vicino all’ospedale, altri 500 musulmani in una scuola vicina. La divisione religiosa sta avanzando e si insinua nel conflitto. Nel campo ci sono equipe internazionali che cercano di portare un minimo di aiuto soprattutto dal punto di vista medico e di prima necessitĂ . I feriti che vengono curati sono spesso il frutto delle violenze e di brutalitĂ che solo in parte vengono a galla. Fuori, nella boscaglia il machete sicuramente non risparmia le persone che fuggono o si nascondono.Fuori Bossangoa, ci sono le truppe e gruppi di difesa locali che vanno in giro armati cercando di far fuori piĂą gente possibile, impegnandosi in uccisioni  mirata o massacri su piccola scala. I team di Medici Senza Froniere hanno trovato siti di esecuzioni, e alcuni di loro  hanno effettivamente assistito a esecuzioni. I villaggi lungo la strada che da Bossangao a Bangui sono deserte. Per 120 chilometri, non c’è nessuno:  lì 100.000 persone sono scomparse e sono fuggiti nella boscaglia.
Rispetto allo scorso anno, quando c’era giĂ una crisi umanitaria cronica in Repubblica Centrafricana, la crisi si è raddoppiato, la capacitĂ dello Stato è scomparso del tutto, e la capacitĂ umanitaria si è dimezzata. Le violenze non sono diminuite , continuano le rappresaglie e le contro rappresaglie sarebbe necessaria una maggior presenza delle Nazioni Unite e delle organizzazioni Internazionali per garantire una maggiore protezione delle popolazioni in attesa che il conflitto, i vari gruppi di potere, che si contendono il Paese possano trovare una soluzione. Pena il disfacimento e il fallimento di questa piccola repubblica centrafricana.
Per saperne di piĂą consigliamo:
Repubblica Centrafricana un inferno, Â di Giulio Albanese
Repubblica Centrafricana: la crisi interna e la minaccia alla stabilitĂ regionale, di Giacomo Gabrielli del Ce.S.I