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Rapporto Ocse Aiuto Pubblico allo Sviluppo

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piattaforma_europa_aoi_concord_ong_bandiongPubblichiamo il comunicato stampa che Francesco Petrelli portavoce di Concord Italia ha diffuso in occasione della presentazione dell’ultimo rapporto OCSE (organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) sui fondi 2012 impegnati dai paesi industrializzati per l’APS (Aiuto pubblico allo Sviluppo). Anche nel corso del 2012 la % di APS si è ulteriormente ridotta del 4% . Questo significa mettere a repentaglio la vista di milioni di persone che oggi sono supportati dalle politiche sostenute attraverso l’APS.
L’obiettivo dello 0,70% del 2015 non appare più credibile se continuano le politiche di austerità e di controllo rigido dei bilanci.
In Europa abbiamo due estremi :  la Spagna che, rispetto al 2011, quasi dimezza i fondi, passando dallo 0,43% dell’Aiuto Pubblico rispetto al PIL, che ne faceva il sesto donatore, allo 0,24% del 2012. Mentre all’estremo opposto abbiamo la Gran Bretagna, che mantiene, nonostante la crisi, il suo 0,56% che dovrebbe consentire di centrare nel 2015 lo storico obbiettivo dello 0,70%, che la comunità internazionale si era data con gli Obiettivi del Millennio nel 2000, per dimezzare la povertà entro il 2015.
Per l’Italia bisogna registrare un dato pesantemente negativo, ma leggendone con attenzione le cause e analizzando le tendenze. Il nostro Paese per il 2012 tocca il fondo dello 0,13% dell’aiuto rispetto al PIL. Con il 36% e il secondo paese per entità del taglio dopo la Spagna. Dato che tradotto in contante, significa meno 1,5 miliardi di dollari. Siamo così in fondo alla classifica europea come dato percentuale, appaiandoci alla Grecia che sta vivendo la drammatica crisi che conosciamo. Il dato sembra addirittura essere di molto peggiore del 2011, anno in cui registravamo lo 0,20% dell’APS. Questo dato però però è discutibile  nel senso che i dati inseriti nel 2011 conteggiavano anche il  30% degli aiuti bilaterali riguardava infatti i rifugiati, una cifra centuplicata da un anno all’altro, per sostenere l'”emergenza Lampedusa” a seguito degli effetti della primavera araba e della crisi libica. Un altro 30% era composto da azioni di cancellazione del debito. A riprova di ciò, lo stesso OCSE senza questi artifici e in assenza di nuovi investimenti effettivi prevedeva per il 2012 livelli ancora inferiori.
L’attuale situazione è  figlia delle scelta dell’ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi, mentre bisogna riconoscerlo, nell’ultimo Documento di Economia e Finanza, seppure in un anno difficilissimo e grazie all’impegno congiunto del ministro per la Cooperazione Riccardi, del Parlamento, delle ONG e della organizzazioni della società civile italiana, un primo segnale di inversione di tendenza si registra. Sul 2013 i dati consolidati ci dicono che l’Italia ritornerà almeno allo 0,15-0,16%.
Cero non solo è poco ma,  in una situazione di incertezza e crisi generale è un contributo in negativo al fatto, sempre più probabile, che l’Europa e con essa il mondo  non raggiungerà nel 2015 il solenne obiettivo dello 0,7%. Non solo, anche la meta della media OCSE  dei paesi industrializzati dello 0,29%, sembra difficilmente  raggiungibile.
Due impegni possibili. Certo il quadro è cambiato il mondo è in crisi e nuovi paesi si affacciano  sulla scena  mondiale. Ma
1) – Assumere il Piano di riallineamento rispetto agli impegni internazionali per la cooperazione al 2017, che ridia un minimo di credibilità e ruolo all’Italia.
2) – Far si che almeno una quota percentuale dei proventi della prima forma di Tassa sulle Transazioni Finanziarie internazionali di cui l’Italia si è appena dotata, vengano utilizzate per finanziare progetti di lotta alla povertà e la cambiamento climatico, così come chiedono molte organizzazioni della società civile.
Tutto ciò è possibile se siamo convinti che investire di più nello sviluppo globale, si può e si deve non solo sulla base di principi e valori, ma perché questa è la cosa giusta da fare per combattere la crisi e uscirne assieme

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