Ci sembra utile e necessario presentare questo articolo di Robert Fisk, liberamente tradotto da Time For Africa, apparso oggi 8 febbraio, sull’Indipendent, per porre la vera questione che ci sta difronte: quale Medio Oriente dopo l’Isis? C’è uno straccio di idea da parte dei governanti arabi e delle potenze occidentali su come ridare speranza e futuro alla regione mediorientale?
In Medio Oriente si fanno sempre più serie le chiamate per la pace e contemporaneamente sempre più nazioni lanciano incursioni aeree, da Kabul al Mediterraneo, poi giù attraverso il Sinai e lo Yemen e in tutta la Libia. Il bagno di sangue è reale in questa tragedia che sta consumando le terre arabe. Il problema è che nessuno ha piani per il futuro, per la vita del dopo Isis. Secondo Robert Fisk, il giornalista esperto di medioriente, calcola che ci siano oggi 11 diverse forze aeree nazionali che bombardano cinque diversi paesi musulmani per degradare e distruggere i loro nemici.
Ma dopo tutte queste bombe, queste distruzioni cosa viene dopo? La storia ci insegna che da 100 anni a questa parte, le genti di questa magnifica regione hanno cercato giustizia ma ricevuto, in cambio, solo ingiustizia, occupazione straniera, corruzione , dittatura. Hanno cercato nel grande risveglio arabo del 2011 la dignità ma come diceva Baumann l’altro giorno a Udine dalle primavere arabe siamo passati direttamente all’inverno.
Il terremoto umano di questi ultimi anni è frutto delle grandi ingiustizie storiche che non sono mai state seriamente affrontate. Al contrario continuiamo ad evocare eserciti immaginari- come se quelli veri oggi non siano abbastanza spaventosi con i loro carichi di morte. Qualcuno spera o sogna di avere 35.000 guardie della rivoluzione irananiana in Siria, quando forse ci sono un migliaio- altri parlano di 20.000 afgani hazara sciiti e orde di miliziani sciiti iracheni in Siria e altri 10.000 Hezbollah. E tutto questo prima ancora dell’esercito fantasma di David Cameron con 70.000 guerrieri pronti a lottare per la democrazia. I turchi, ci viene detto, sono pronti ad invadere la Siria assieme a migliaia di soldati sauditi. Mentre i russi sono arrivati in Siria con la neve sui loro stivale. Tutto questo è follia, e poi gli Europei poi reagiscono con orrore quando un milione di profughi attraversano le loro frontiere– ma mentre è istruttivo sapere che l’Ungheria pensa sia la frontiera della cristianità, nessuno ha suggerito a loro che abbiamo bisogno di affrontare i problemi alla fonte, all’origine di tutte queste persone povere. Abbiamo ossessivamente convinto la turchia a fermare i rifugiati e richiedenti asilo che premono verso l’europa, ma senza alcuna pianificazione a lungo termine per un nuovo Medio Oriente, sempre più necessaria anche per ridurre il numero di questo esodo.
Non serve blaterare su quanto l’Europa soffra (sigh!) il più grande movimento di profughi dopo la seconda guerra mondiale. Ci si dimentica che nella seconda guerra mondiale i veri leader alleati stavano progettando il mondo del dopo guerra– le Nazioni Unite- anni prima della fine delle ostilità.
Perché non possiamo pianificare il futuro adesso? Nessun leader arabo o del mondo, sta parlando di quale potrebbe essere il futuro prossimo del Medio Oriente. Alla fine della prima guerra mondiale – la guerra che ha distrutto l’impero ottomano e schiacciato l’ultimo califfato- molti dei diplomatici americani e le ONG del tempo, sostenevano una grande nazione araba; una in cui i musulmani – cristiani, ebrei ed altre minoranze – sarebbero stati cittadini di una terra che si estendeva dal Marocco al confine mesopotanico-persiano ( il confine di quello che oggi è l’iraq e l’Iran). Ma, naturalmente, gli Stati Uniti, perso il loro interesse per tali sogni wilsoniani e tra inglesi e francesi che pensavano ad altri piani, hanno preferito prendere territori di loro scelta.
Inizia così l’età dell’umiliazione, di occupanti occidentali e macellerie locali che con i loro boia hanno provveduto a spogliare questi popoli del loro onore. E ora, 100 anni dopo, vediamo l’apogeo spaventoso e raccapricciante nel “califfato” che si sta diffondendo come l’Ebola in tutto il mondo. Ma ciò che il povero e vecchio Medio Oriente ha bisogno non sono gli attacchi aerei, ma di una ricerca intellettuale da parte di tutti coloro che vivono ancora lì. E da parte di coloro che sono fuggiti, in quale tipo di patria, di paese vogliono vivere.
Quali istituzione possono sostituire i bastioni rotti del vecchio Medio Oriente? Chi può sostituire, per esempio, i predicatori televisivi arabi che con i loro sermoni, che con i loro versi, hanno tanto a cui rispondere, tra l’altro incoraggiati dai governanti del Golfo? Come hanno fatto queste persone ad indebolire l’Islam. Un mio vecchio amico (un musulmano sunnita), mi ha detto: “L’Islam ha paura di Isis, ma l’Isis non ha paura dell’Islam”.
Tanto per cominciare, perché non programmare un nuovo Medio Oriente non fondato sul petrolio e il gas – anche se rimarrà- ma sull’istruzione? Non sui palazzi dei dittatori, ma sulle università, non sulle camere di tortura ma sulle biblioteche?
L’Islam aveva il suo cuore nelle antiche università del medio oriente. La fede e la religione grazie a loro è stata migliorata e arricchita dalla conoscenza. Dalla scuola arriva la giustizia. E la giustizia – solo la giustizia – distruggerà l’Isis. Questo può sembrare una predica , ma ho il sospetto che per gli arabi e gli ebrei che vivevano in Andalusia, 700 anni fa, avrebbe avuto un senso. Ho notato che Abu Dabi , prima della repressione delle folle, ha posto una particolare interesse e necessità per garantire l’istruzione universitaria di qualità per i suoi cittadini. In tutto il Medio Oriente, la mancanza di istruzione – politica favorita dai dittatori ovviamente – è come un cancro. E la mancata istruzione si sta diffondendo con questa situazione di guerra e di instabilità. Guardate le decine di migliaia di bambini rifgiati siriani in Libano. Che ne sarà di loro quando ritorneranno nei loro villaggi, nelle loro città distrutte senza nemmeno il dono della scrittura da trasmettere ai propri figli futuri. Non sopporto i vecchi clichè su “quando le armi tacciono”. Ma il venire meno delle scuole e delle università oggi è più letale dell’Isis rispetto a qualsiasi attacco aereo. Ecco come si tratta con gli incubi.