Papa Wemba conosciuto anche come il “re della rumba congolese” è mancato sabato 23 aprile durante la sua performance sul palco del Femua festival di musica urbana di Abidjan, in Costa d’Avorio. Wemba è nato 66 anni fa a Shungu Wembadio Pene Kikumba nell’ex Zaire, allora Congo Belga. Ha iniziato a cantare nel coro della chiesa, per proseguire sulla scena musicale locale con la sua prima band, Zaiko Langa Langa, del 1969. La fama arriva a Kinshasa nel 1970 grazie alla sapiente fusione dei ritmi caraibici con le chitarre congolesi contaminate dal rock. Qui la rumba congolese esce dalla dimensione coloniale per imporsi come stile che influenzerà decine e decine di musicisti africani.
Wemba si trasferisce a Parigi nel 1980 con una nuova band, Viva La Musica, e ha contribuito a rendere popolare la musica congolese oltre l’Africa. Anche Papa Wemba, come in precedenza aveva fatto Youssou N’Dour, ha collaborato con alcuni artisti internazionali come Peter Gabriel nell’ album Secret World Live del 1994.
Nel 1996 è stato nominato il miglior artista maschile all’inaugurazione del premio musicale Kora All-Africa. Con i suoi concerti ha riempito stadi di calcio dagli Stati Uniti al Giappone. Nel 2000 ha chiuso il festival Womand il festival internazionale che riunisce artisti provenienti da tutto il mondo.
Wemba era noto per il suo sfarzo, in linea con lo spirito del movimento dei Sapeurs che, come scrive Marco Trovato “Sono personaggi eccentrici e capricciosi, seguaci di un movimento locale chiamato “Sape” – sigla che sta per Société des Ambianceurs et des Personnes Élégantes (Società delle persone eleganti che fanno atmosfera) – che ruota intorno al possesso dei capi griffati più cari e sontuosi. Non si pensi a un’effimera moda giovanile, ma di un complesso fenomeno di “edonismo africano” studiato persino dai sociologi, che affonda le sue radici nella storia locale”.
Papa Wemba dopo la caduta di Mobutu e l’inizio della “guerra mondiale del Congo” ha favorito anche l’espatrio di numerose persone per salvarle dalla situazione di guerra e violenza. Per questo è stato anche condannato nel 2004, con una pena detentiva di 30 mesi, 26 dei quali sospesi dopo essere stato riconosciuto colpevole di “assistenza per l’ingresso illegale e soggiorno degli stranieri”. In un’intervista ha detto: «Se ho mai preso soldi – e non sto dicendo che ho fatto – è stato per motivi umanitari. Ho preso una dozzina di bambini per portarli fuori dal paese in modo da poter sfuggire alle terribili condizioni che non esistono.