La politica in Mozambico si fa intollerante e mette a rischio la stabilita’ del Paese. Anche in questo caso, come spesso avviene nei paesi africani ricchi di materie prime importanti, le tensioni nascono dagli appetiti dei politici per il controllo dei proventi e royalty dei giacimenti di carbone, gas , petrolio, terre rare , recentemente scoperte soprattutto nel nord del Paese.
I fatti di Muxungue, nella provincia di Sofala, una volta roccaforte della guerriglia Renamo, con la morte di sette persone negli scontri a fuoco con la Polizia, hanno riproposto uno scenario che sembrava definitivamente superato con l’affermazione della democrazia dopo anni di partito unico e di guerriglia. Come succede in questi casi diverse le interpretazioni: la Frelimo, partito al governo, imputa alla Renamo (opposizione) e ai suoi vecchi guerriglieri la volontà di ricostruire le proprie milizie per disputare ed assicurare una fetta dei proventi delle concessioni minerarie petrolifere. La Renamo imputa alla Frelimo di voler riaprire la tensione e creare instabilità. La verità è che anche questa classe politica utilizza il potere e il controllo dello stato per gli affari suoi escludendo dai benefici la popolazione che , pur con costanti ed elevati incrementi del PIL, non vede migliorare molto i propri standard di vita. Anche la Chiesa entra in campo con una presa di posizione netta contro la violenza, denunciando nel contempo le ingiustizie e l’esclusione sociale delle popolazioni, frutto dell’arroganza del potere e dei politici che utilizzano una violenza verbale e a volte fisica che non fa ben presagire.
A complicare ulteriormente le cose ci pensano poi anche le multinazionali presenti soprattutto nel nord del Mozambico. La VALE (multinazionale brasiliana) che gestisce l’enorme miniera di carbone a Moatize, provincia di Tete, non ha esitato ad utilizzare la forza della polizia per disperdere centinaia di manifestanti, che avevano bloccato l’ingresso della miniera a difesa dei diritti delle comunità locali.
La Ong locale (Adercu) accusa la Vale di non volere il dialogo nella gestione del processo di re-insediamento dei villaggi in altri luoghi al di fuori del bacino carbonifero costringendo le popolazioni ad un trasferimento coatto e senza riconoscere adeguate indennità: in particolare ai centinaia di fabbricanti di mattoni che hanno perso la loro principale fonte di sostentamento. La tensione resta alta amplificata ulteriormente dallo spiegamento delle forze speciali della polizia e unità antisommossa che non ci pensano due volte a far fuoco sui manifestanti. La tragedia di Marikana, nel vicino SudAfrica non ha insegnato nulla.