Il Mozambico, è uno dei casi di successo per il consolidamento della Pace e della Democrazia dopo oltre venti anni di guerra che ha causato morte e distruzione. Noi vogliamo sperare che questo bellissimo Paese continui nella strada di consolidamento della democrazia e della giustizia sociale dove c’è ancora molto da fare. Da circa due anni però, vanno avanti scaramucce tra ex guerriglieri della Renamo, guidati ancora una volta dal loro vecchio leader Afonso Dhlakama, che non ha mai saputo rassegnarsi alle sconfitte elettorali, quando concorreva per la carica di Presidente.
Le scaramucce, o almeno quello che allora sembravano, sono cresciute d’intensità, tanto da allarmare la società mozambicana e la comunità internazionale. Il crescendo di scontri e omicidi ad opera di guerriglieri o da parte della polizia e delle forze di intervento rapido, stanno provocando di nuovo la fuga dai villaggi del nord, verso il Malawi. tanto che il governo malawiano ha riaperto i vecchi campi profughi cui 30 anni fa accoglievano sempre rifugiati mozambicani.
Per capire quanto sta avvenendo, vi consigliamo di favorire la pubblicazione, attraverso la piattaforma di crowdfundig bookabook, e comprendere più da vicino questa crisi mozambicana. Il libro è stato realizzato con il contributo di molti autorevoli autori mozambicani, italiani, brasiliani. Siamo vicini alla meta, continuate a sostenerlo.
Qui riportiamo un articolo apparso recentemente su Le Monde Africa, che descrive in modo approfondito il clima che si respira oggi in Mozambico. L’articolo è stato liberamente da noi tradotto.
E’ stato necessario che diverse migliaia di mozambicani attraversassero il confine con il Malawi, per misurare la portata della crisi politica e militare che che attraversa oggi il Mozambico. Scontri, omicidi, crisi dei rifugiati, abusi da parte delle forze governative che combattono il braccio armato del principale partito di opposizione (Renamo). Il governo del Mozambico sta conducendo una campagna militare che ha tutti i tratti di un conflitto non dichiarato, e che vuole nascondere.
Nkondezi a ovest, a pochi chilometri dal confine con il Malawi, la vita sembra fare il suo corso. Sulla strada, gli uomini commentato la situazione, i negozi sono riforniti di continuo. Eppure è qui che gli scontri sono ripresi nel giugno 2015, generando un flusso crescente di rifugiati. A più di venti anni dalla fine della guerra civile (1976-1992) e a pochi mesi della firma dell’ultimo cessate il fuoco nel settembre 2014 l’instabilità militare a bassa intensità sembra continuare . Infatti, già nel 2013, la Resistenza Nazionale (Renamo) non ha esitato, quarant’anni dopo, a prendere le armi contro il suo nemico tradizionale: il governo guidato dal Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo). Il principale partito di opposizione denunciava, allora, la non reintegrazione delle sue forze guerrigliere nell’esercito regolare e della polizia, chiedendo inoltre una nuova legge elettorale. Per diciassette mesi la Renamo ha alimentato una iniziativa militare a bassa intensità con imboscate sulla sola strada nord-sud, attaccando a volte anche veicoli civili.
Questa volta però è il governo ad essere impaziente con le provocazioni dell’ irriducibile leader dell’opposizione, Afonso Dhlakama . Il leader Renamo, che si attesta il merito di aver portato la democrazia in Mozambico, è uscito sempre sconfitto dalle elezioni presidenziali. Anche dalle ultime del 2014 che hanno eletto Filipe Nyusi, da pochi conosciuto e certamente non una figura carismatica. Da qui il suo ritorno alle armi, sostenuto dai giovani poveri delle aree rurali e suburbane, drammaticamente tagliati fuori dal “futuro migliore” propagandato dalla Frelimo, da sempre al potere. Ex partito marxista i cui dirigenti , vecchi e nuovi sono sempre più ricchi mentre gli indici di povertà aumentano. Dhlakama, dopo l’ennesima sconfitta, ha dato fuoco alle polveri nel dicembre 2015 annunciando che la Renamo avrebbe preso il potere in sei province su undici a marzo 2016.
“So che alcune persone dicono che queste sono solo parole, che Dhlakama [sic] annunci fatti e poi si piega. Ma questa volta, tutto questo accadrà “, questo ha ribadito recentemente in un’intervista a un giornale locale. Questo movimento ribelle, ma soprattutto il suo leader, non ha volutamente completato la sua trasformazione in partito politico ,continuando a mantenere sempre un gruppo di guerriglieri, con i suoi politici assoggettati al generale. Dhlakama poi è dall’ottobre del 2015 che si è dato alla macchia senza riapparire, da allora, in pubblico. Dhlakama poi coltiva il mistero del finanziamento della sua formazione guerrigliera fin dai tempi della guerra fredda, quando il movimento ribelle era anche finanziato dai regimi segregazioniste di Sudafrica e Rhodesia (ora Zimbabwe).
Nella Frelimo, oggi sembrano prevalere l’influenza dei vecchi falchi del partito, sostenitori di una soluzione militare. Il Presidente Filipe Nyusi che per un certo periodo era sembrato aprirsi al dialogo, è andato a Luanda per apprendere il metodo angolano di eliminazione fisica dell’ opposizione, con il dispiacere degli osservatori politici internazionali del Mozambico. Dal gennaio 2015, il governo ha continuato ad inviare truppe da Maputo, la capitale situata nell’estremo sud, verso le province centrali, dove la Renamo mantiene basi in più punti, e che ora sono diventate aree di tensione molto forte.
Così, le verdi colline intorno a Nkondezi sono diventate una vera e propria “zona vietata”. In sei mesi, l’intera popolazione è fuggita a ondate, soprattutto dal villaggio di Ndande. “Non c’è nessuno lì, a parte noi” ci dice un soldato in congedo incontrato vicino alla caserma. L’atmosfera è di sfiducia: le autorità locali rifiutano interviste, anche quelle richieste dai giornalisti stranieri. Poche persone parlano apertamente.
Il 14 giugno 2015, secondo il quotidiano indipendente CanalMoz, le forze armate hanno tentato un’incursione nelle aree controllate dalla Renamo, con l’intento di disarmare una base di combattenti ribelli. Avvertiti dall’ imminente attacco, avrebbero teso un agguato. Il partito di opposizione evoca “decine di morti” tra le forze armate. Gli scontri si ripetono e il ritorno alla calma è impossibile.
“Per due anni abbiamo coabitato perfettamente con la Renamo. Poi le forze armate sono arrivate, e hanno cominciato a perseguitare le persone colpevoli, secondo i militari, di ospitare informatori ” Così ci racconta una vecchia abitante del villaggio Ndande, che ha lasciato quando le forze armate hanno bruciato la sua casa. Per ora ha trovato rifugio in un centro gestito da cattolici a Nkondezi, dove ci sono diciannove famiglie ospitate da diversi mesi.
Le testimonianze ricordano tristemente i giorni bui della guerra civile, e confermano le storie raccolte da profughi in Malawi. “Se sei sulla strada ti massacrano, se ti trovano in casa tua ti bloccano e ti danno fuoco alla casa”. Un altro abitante del villaggio di 30 anni riflette la stessa violenza, “Alle donne dicono i sedersi e spogliarsi e, dal momento che sono dell’esercito sono costrette ad ubbidire. Nessuno osa più tornare a curare i campi dal momento che i militari sono insediati nella scuola del villaggio. “Sarà un disastro”
Dall’altra parte del confine nel campo di Kapise ha superato il traguardo dei 4000 rifugiati.
Le autorità del Malawi ora danno l’allarme, mentre le condizioni di vita nel campo deteriorano. “Se la situazione continuerà per altri sei mesi, sarà un disastro”, ha detto il regolo (chef tradizionale) Rapozo la settimana scorsa, in una dichiarazione all’agenzia Lusa. Secondo l’amministratore locale il governo del Malawi aveva inizialmente favorito i canali diplomatici tempo per cercare di risolvere la situazione. Il governo mozambicano ha da poco dichiarato che molta gente si è spostata nel vicino Malawi a seguito della siccità che ha colpito, a macchia di leopardo molte zone del paese. In quella provincia il confine non è segnato e le comunità, che vivono a cavallo, condividono la stessa lingua e spesso non hanno documenti di identità “, spiega Luis Nudia, portavoce locale per la polizia di Tete, la capitale della provincia. E circa le accuse di abuso, con una piroetta retorica smentisce che il paese sia in guerra. ” Non riesco a immaginare che le forze armate siano autrici di tali atti, non è possibile “. “E’ la manipolazione da parte di Renamo”, aggiunge Inacio Dina, del Comando Centrale della polizia a Maputo. “Si noterà che ci sono solo donne e bambini nei campi profughi. Queste sono le famiglie degli uomini della Renamo.
Ora, i diplomatici del Mozambico in visita nei campi del Malawi, sollecitando i rifugiati a tornare a casa, o almeno a trasferirsi nel lato del Mozambico. Un buon modo per nascondere il problema.
Il Paese si trova in un importante punto di svolta per il suo lo sviluppo economico e per questo sembra interessato solo a conservare una buona immagine per i paesi donatori e investitori. Il Mozambico, anche se ancora oggi è uno dei dieci paesi più poveri del mondo, ha il potenziale per diventare una delle locomotive del continente africano con le sue risorse gas e carbone. Un conflitto latente e persistente sarebbe inappropriato.
Queste poche migliaia di rifugiati in Malawi potrebbero essere solo la punta di un iceberg. Nel centro del paese, gli scontri stanno diventando sempre più comuni, e se prendiamo come riferimento Nkondezi, ci potrebbero essere migliaia di sfollati in tutto il paese, il che renderebbe questo conflitto a bassa intensità, uno dei grandi conflitti in Africa ignorati”, secondo una fonte delle organizzazioni umanitarie presenti nella capitale Maputo .
Purtroppo i media anche quelli indipendenti, hanno problemi a dislocarsi nei punti caldi, impediti dal controllo delle autorità locali, per capire anche la portata del fenomeno. Nella città rurale di Morrumbala (al centro), dove Renamo ha installato la sua nuova sede dal mese di settembre 2015, tutte le scuole sono chiuse per mancanza di studenti : prima erano 9000. il che dà l’idea del numero di famiglie sfollate.
Il clima politico è particolarmente deteriorato e non passa giorno che non si registrino scontri e uccisioni come l’attentato del 20 gennaio 2016 al numero due della Renamo Manuel Bissopo , a Beira. Da allora, la risposta dell’opposizione, è stata quella di stabilire punti di controllo sull’unica strada nord-sud, come nel 2013. Contemporaneamente la Renamo ha interrotto i colloqui di pace del mese di agosto 2015 rifiutando ogni incontro con il presidente Filipe Nyusi, l’annuncio di metà dicembre Dhlakama suona come un tragico conto alla rovescia. Nessuna soluzione pacifica non sembra ancora emergere.