Moda, Sviluppo, Africa
di Annamaria Ceccarello
Abbiamo da poco concluso la stesura del progetto per lo sviluppo di un incubatore di Faschion Lab nel quartiere di Orile – Iganmu, della città di Lagos. Il tutto con la partnership di Kinabuti Fashion Initiative, una non profit molto attiva nella moda nigeriana.
La moda in africana oggi è diventata un settore molto dinamico che consente ai giovani stilisti di emergere e di sviluppare il loro punto di vista sulla moda. Un settore economico in piena espansione che porterà la moda e lo stile africano nel mondo.
I designer africani stanno definendo un loro stile, riprendendosi ciò che i brand occidentali hanno sottratto al settore della moda del continente. Oggi il continente africano sta assumendo un ruolo sempre più centrale a livello mondiale nell’industria della moda. I mercati globali non lo considerano più un punto di arrivo della merce ma una fonte di ispirazione.
Adesso i tempi sono cambiati. Per cercare di consolidare questa tendenza, alcuni designer stanno lavorando sodo e stanno creando collezioni di abiti completamente made in Africa, anche contro un sistema politico che non aiuta a crearsi un proprio nome nel mondo della moda. Il problema ricorrente della professione è che si basa quasi esclusivamente sulla produzione artigianale. Questo rende difficile soddisfare la domanda, anche se esiste. Non esistono infrastrutture e servizi a supporto dell’avvio delle imprese, programmi di finanziamento, un’impostazione industriale. E proprio per questa ragione, è indispensabile richiamare gli investitori. Si intensificano, così, le manifestazioni in cui si celebrano gli artisti e gli artigiani che scrivono le pagine più belle della moda africana, gli artefici dell’eleganza che si incontra al di fuori dei confini del continente. Una fra tutte il festival N’zassa moda che si svolge ad Abidjan, ideato dal progettista ivoriano Cissé Moussa, il creatore del marchio Ciss San Moise.
Alla kermesse i progettisti provenienti da tutta l’Africa e gli stilisti della Diaspora sono schierati per celebrare il concetto della creatività africana, ma anche e soprattutto con un obiettivo forte: la professionalizzazione di un settore che sta ancora lottando per trovare infrastrutture adeguate.
In grande effervescenza – crescono di numero e di qualità i giovani talenti che sfidano le debolezze del sistema locale – il campo della moda è indubbiamente un terreno privilegiato per vedere come agiscono insieme globale e locale, individualismo e comunitarismo: i tanti e diversi circuiti del fashion design sono oggi tutti, seppure in misura diversa, collegati ai nuovi spazi di comunicazione, scambio e creatività offerti dall’incremento dei flussi globali di capitali, beni, persone, tecnologie.
L’esaltazione dell’Africa può facilmente intensificare il problema dell’appropriazione culturale e scadere nello stereotipo di terra tribale ed etnica. Per esempio, in molti hanno criticato la casa di moda italiana Valentino per la collezione primavera estate del 2016 intitolata “Africa tribale e selvaggia”, in cui i modelli, per la maggior parte bianchi, portavano le treccine, un tipo di acconciatura di origine africana diffusa in tutto il continente. “La moda africana viene considerata tribale ed etnica e continuerà a essere vista in questo modo se i designer si limiteranno a realizzare giacche in stile Chanel con stoffe africane,” ha dichiarato Anna Getaneh, l’anima creativa di African Mosaique, le cui collezioni provengono dall’Africa e sono interamente realizzate in questa parte di mondo. Secondo lei c’è bisogno di qualcosa di nuovo per separarsi dall’etichetta che è stata affibbiata all’intero continente nel corso degli anni.
Oggi l’Africa è un continente che offre molte opportunità. Mentre i designer africani stanno ridefinendo il proprio stile, i fashion designer di tutto il mondo stanno andando in questo continente per cercare ispirazione. Questa è una celebrazione della bellezza dell’Africa e dell’importanza economica che sta assumendo.
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