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Leggere l'AfriKa

In occasione del ciclo d’incontri L’afrika che non sai, pubblichiamo un contributo di Rosella Clavari e Anna Fresu, di Scritti d’Africa.
Giovedì 5 febbraio conferenza di Anna Fresu alla libreria CLUF di Udine con inizio  alle 20,30.

LEGGERE L’AFRICA

di Rosella Clavari e Anna Fresu (Ass. Cult. Scritti d’Africa)

L’Africa che conosciamo è:
paesaggi stupendi, natura selvaggia e incontaminata, lunghe spiagge orlate di palme, cieli di un azzurro impossibile, cammelli e Land Rover, immagini da documentari televisivi e vacanze per turisti danarosi;
guerre, fame, siccità, miseria, spazzatura, bambini abbandonati, malaria, dissenteria, aids, corruzione;
azioni umanitarie e grandi affari;
creature stupende, irraggiungibili sulle passerelle dell’alta moda e su riviste patinate;
“mal d’Africa”.
Ogni cosa è vista con i nostri occhi, raccontata con le nostre parole.
Ma che posto hanno gli sguardi, le parole dell’altro, dell’uomo e dalla donna africani,in tutto questo?
Questi sguardi, queste parole sono stati a lungo negati da secoli di colonialismo, da interessi strategici ed economici, dall’impoverimento e dall’indifferenza.
Ma l’Africa che si è liberata dal colonialismo, l’Africa che ha costruito nazioni, identità, che lotta contro i mali che l’affliggono, ha conquistato il diritto alla parola, a far sentire la propria voce.
E quelle parole di cui uomini e donne sono sempre stati maestri nei lunghi racconti intorno al fuoco, negli spiazzi dei villaggi, in mezzo al vociare di un suq, quelle parole che hanno aiutato a difendere la propria identità attraverso la trasmissione di genealogie, miti e leggende, anche durante la dominazione coloniale, sono diventate segni, “nero su bianco”, poesie, racconti, romanzi in cui gli scrittori africani riaffermano il proprio diritto a raccontare se stessi, la loro storia, la loro visione del mondo.
E per conciliare le molte lingue che compongono i loro paesi, per fare arrivare più lontano le loro voci, con qualche rara eccezione, utilizzano le lingue dei colonizzatori, alle quali i governi dopo le indipendenze hanno dato quasi sempre lo statuto di lingua di unificazione nazionale.
Lo fanno però appropriandosi completamente di questa lingua, piegandola, reinventandola, mescolando lessico, espressioni idiomatiche, sintassi delle lingue parlate, traducendo sempre e comunque l’immaginario, il vissuto del loro essere africani.

Dagli anni ’50-’60
, che hanno visto l’insorgere delle guerre di liberazione e delle prime indipendenze fino alla metà degli anni ’70, in cui si realizzarono finalmente le indipendenze anche nelle ex-colonie portoghesi, fino ad oggi, c’è stata in Africa una grande produzione letteraria in francese, in inglese, in portoghese.
Forse il ritardo dell’editoria italiana nella divulgazione di queste opere è dovuto anche alla necessità di doverle tradurre; forse l’interesse per l’Africa non faceva mercato.
In questi anni però le cose stanno cambiando, soprattutto per l’impegno di alcuni editori (in particolare piccoli e medi), grazie ai quali è possibile trovare in libreria numerosi titoli principalmente di autori sudafricani, ma anche del Congo, del Camerun, della Costa D’Avorio, del Marocco, dell’Algeria, dell’Egitto, del Mozambico, dell’Angola, delle isole di Capo Verde.
L’attenzione sulla letteratura africana è stata sicuramente richiamata anche dai premi Nobel conferiti al nigeriano Wole Soyinka, alla sudafricana Nadine Gordimer, all’egiziano Nagib Mahfuz; da cattedre o corsi sulle letterature africane presso alcune università italiane; dall’azione di alcune associazioni culturali, come “Scritti d’Africa”, che da circa dieci anni si propone di far conoscere questa letteratura e il mondo in cui essa si inscrive a un più vasto pubblico, ma anche di stimolare la curiosità del mondo editoriale e del mondo della scuola attraverso eventi, tavole rotonde, pubblicazioni, spettacoli.
A coloro che si chiedono perché lo scrittore africano scrive, che cosa gli dà la voglia, la forza di farlo, anche in mezzo a situazioni così difficili e complesse – “a che serve, insomma, uno scrittore in Africa”, l’autore congolese Emmanuel Dongala risponde:
“(…) In un continente martoriato e disperato, dobbiamo fare in modo che la gioventù tradita dalla politica non perda la speranza e sappia che la vita non è soltanto fame, malattia, povertà, guerra e uomini politici che si comportano da capi delle milizie; che la vita può essere vissuta diversamente, può essere migliore, i fiori esistono e il vino di palma non si beve solo durante le veglie funebri, ma anche per i matrimoni e le nascite.
(…) Quando, nell’esercizio del nostro mestiere, riusciamo a strappare un sorriso a un uomo o a una donna al colmo della disperazione è una vita umana che abbiamo salvato, perché quel sorriso è un’apertura alla speranza, una scommessa per la vita”. (trad. M. José Hoyet)
E il grande poeta mozambicano José Craveirinha, autore di grande coscienza civile, alla stessa domanda, durante la lunga guerra che sconvolse il suo paese dopo l’indipendenza, mi rispose: “Il melo dà le mele. Io sono poeta…che altro potrei dare?”
LA LETTERATURA AFRICANA IN ITALIA
La comparsa della letteratura africana nelle lingue europee è relativamente giovane nel panorama internazionale. La cultura africana, pur vantando un’antica tradizione scritta nell’area subsahariana (per es. in Etiopia fin dal V sec d.C.) si è espressa per millenni e tuttora si manifesta nella tradizione orale attraverso racconti, proverbi, parabole, miti e leggende.
L’originalità della sua espressione sta nel non aver rinnegato questo grande patrimonio della tradizione orale, spesso travasandolo nella forma scritta in una lingua che non è quella di appartenenza ma quella dei paesi colonizzatori: Francia, Inghilterra, Portogallo.
La più ampia produzione di opere risale all’epoca dell’indipendenza dei vari stati africani, dagli anni sessanta agli anni settanta. Possiamo parlare in linea generale di tre aree letterarie:
francofona, anglofona, lusofona, accanto a Maghreb, Egitto e Sudan, dove l’influenza culturale araba è presente nella lingua e nella letteratura accanto a quella europea. A tale proposito dobbiamo ricordare che l’uso di una lingua europea da parte degli scrittori africani non sempre viene accettato di buon grado; tuttavia l’esigenza di farsi conoscere a livello mondiale e di imporsi nel mercato editoriale, ha imposto la scelta delle lingue europee. Per un approfondimento di questa tematica rimandiamo ai testi di Cristina Brambilla (Letterature africane in lingue europee) e di Albert Gerard (Letterature in lingue africane), editi entrambi da Jaca Book.
I mass-media spesso ci riportano dell’Africa l’aspetto più drammatico della povertà, della fame, delle guerre: piaghe sociali che purtroppo esistono e che sollecitano la solidarietà di molti popoli, una solidarietà che non può tuttavia prescindere da una più approfondita conoscenza della cultura africana. Leggere un libro di un autore africano significa avvicinarsi di più alla sua vita, al suo mondo e nutrirsi della sua ricchezza, poiché la forza di un libro, presso tutti i popoli, è proprio questa.
Un racconto o un romanzo che descrivono una situazione conflittuale possono, infatti, essere più incisivi e informativi di un intero libro di storia o di una cronaca televisiva; ecco che la tragedia dei bambini-soldato affiora tra le pagine di Allah non è mica obbligato dello scrittore ivoriano Ahmadou Kourouma; il tema dei bambini di strada abbandonati al loro solitario destino viene affrontato con accenti di toccante umanità dallo scrittore della Guinea Tierno Monénembo, nel suo Il grande orfano. Questo tanto per rimanere aderenti alla più cruda attualità.
Riflettendo su quelle che possono essere considerate delle caratteristiche o tematiche ricorrenti nella letteratura africana contemporanea, possiamo, sempre in maniera puramente orientativa e generale, individuare i seguenti elementi:
-         in primo luogo l’importanza dell’oralità, della letteratura della memoria di atavica tradizione e del parlar comune;
– il rapporto esclusivo con la natura, verso cui si nutre un sacro rispetto anche per la credenza religiosa che essa sia abitata dagli spiriti;
– il senso di appartenenza alla propria terra, alle proprie radici e di conseguenza il rispetto verso gli anziani e il culto degli antenati;
– il rapporto conflittuale città-villaggio e città-suburbio;
– la lotta politica contro il colonialismo, l’indipendenza, la costruzione della nazione.
La produzione poetica merita un discorso a parte, così come la letteratura della diaspora africana, vale a dire degli africani arrivati in un altro continente attraverso la tratta degli schiavi e l’emigrazione e che lì si sono insediati per generazioni (afro-americani, antillani, garfuras dell’America Centrale, caraibici, afro-europei etc).
Un capitolo a parte merita poi l’Africa degli immigrati in Italia, che ha imparato a raccontarsi nella nostra lingua e che ha già dato vaste testimonianze: una letteratura giovane, anche per l’età dei suoi autori, che sta contribuendo all’evoluzione e all’arricchimento della nostra lingua e della nostra letteratura.
Volendo fare un breve excursus nel panorama della letteratura africana odierna ci atterremo alle opere tradotte in italiano, affrontando volta per volta i paesi delle varie aree che si esprimono in lingua portoghese, francese o inglese, e tenendo conto che la produzione si è notevolmente incrementata nell’ultimo decennio grazie all’attività di piccoli e medi editori come:
E/O, Sinnos, Edizioni Lavoro, Socrates, Besa, AIEP-Guaraldi, Ilisso, Gorée, per citarne alcuni.
Ci riferiremo soprattutto agli autori africani di maggior spicco, senza voler fare torto a nessuno. E’ solo l’inizio di un grande viaggio in cui speriamo che gli esploratori divengano sempre più numerosi.
Sempre in tema di viaggio non è casuale che iniziamo il discorso dalle opere di espressione portoghese: i primi contatti tra l’Africa nera e l’Europa avvennero infatti al tempo delle esplorazioni portoghesi, quando Bartolomeo Diaz raggiungeva il Capo di Buona Speranza nel 1487 e Vasco de Gama risaliva la costa orientale africana nel 1498.
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA PORTOGHESE

Mario Pinto de Andrade, intellettuale angolano, ha raccolto nell’antologia in due volumi Letteratura negra pubblicata nel 1961 (Editori Riuniti), con prefazione di Pier Paolo Pasolini, una selezione della produzione in prosa e poesia di scrittori dell’intero continente africano (oltre a autori afro-caraibici e afro-americani), nella quale trova risalto la poesia in lingua portoghese rappresentata da Agostinho Neto (primo presidente dell’Angola indipendente) e ancora dall’angolano Viriato da Cruz, i capoverdiani Josè Barbosa, Gabriele Mariano e Ovidio Martins, la mozambicana Noemia de Sousa e il santomense José Tenreiro, nonché la prosa dell’angolano Castro Soromenho.
Negli anni sessanta appaiono tre antologie poetiche, Con occhi asciutti (Il Saggiatore, 1963), dedicata a Agostinho Neto e curata da Joyce Lussu, che nel ’66 cura anche Cantico a un dio di catrame (Lerici) del mozambicano José Craveirinha; nel ’69 Poesia africana di rivolta a cura di G. Tavani e M.Vargas.
Sono poesie di affermazione della propria identità culturale, di denuncia contro il regime coloniale portoghese, di esortazione alla ribellione e alla lotta.
Seguirà poi un lungo periodo di silenzio interrotto nel 1981 da Poesia Angolana moderna a cura di Fernanda Torriello e solo nel ’91 da una nuova antologia poetica di José Craveirinha, Voglio essere tamburo (Centro Internazionale della Grafica a cura di J. Lussu e A. Fresu), e nel ’94 per la stessa casa editrice e sempre a cura della Lussu Agostinho Neto.
Grandi narratori come gli angolani Luandino Vieira, Pepetela e José Eduardo Agualusa, i mozambicani Luís Bernardo Honwana, Mia Couto, Ungulami Ba Ka Khosa, Paulina Chiziane e i capoverdiani Orlanda Amarilis e Germano Almeida, che sono espressione delle grandi trasformazioni politiche culturali ed economiche che i loro paesi attraversano, appaiono nelle nostre librerie con notevole ritardo.
Da segnalare l’uscita nel 1999 di Africana – Racconti dall’Africa che scrive in portoghese a cura di Vincenzo Barca e Roberto Francavilla (Feltrinelli), che dà un notevole contributo alla conoscenza di questa letteratura attraverso storie in cui risaltano la relazione fra l’africano e il potere coloniale, fra oralità e letteratura scritta, la contrapposizione fra spazio rurale e spazio urbano e la divisione all’interno della città fra bianchi, neri e meticci segnata – per dirla con Luandino Vieira – dalla frontiera d’asfalto, fra l’attaccamento alla terra e la necessità di emigrare.
Ci piace qui ricordare le opere più recenti degli autori di quest’area così feconda di artisti. Il rapporto osmotico con la natura e l’importanza delle proprie radici familiari affiorano in Un fiume chiamato tempo, una casa chiamata terra del mozambicano Mia Couto; in Ualalapi il mozambicano Ungulami Ba Ka Khosa racconta l’ascesa al potere e la sconfitta infertagli dall’esercito portoghese alla fine del XIX secolo di Ngungunhana, re di Gaza, eroe della resistenza anticoloniale; e dall’Angola , in La parabola della vecchia tartaruga (Besa, 2000), Pepetela ci narra la guerra vista dagli occhi dei “vinti” abitatori del villaggio nei loro controversi e conflittuali rapporti; un drammatico spaccato della situazione politica durante il periodo coloniale in Angola viene descritto in La vita vera di D. Xavier di Luandino Vieira; uno sguardo sull’intera comunità linguistica portoghese in un viaggio letterario fra Lisbona, Luanda e Rio de Janeiro in Quando Zumbi prese Rio di Josè Eduardo Agualusa (La Nuova Frontiera, 2003).
Di Mia Couto sono stati pubblicati diversi romanzi, tra cui Terra Sonnambula, Sotto l’albero del frangipani, tutti editi da Guanda a eccezione dei racconti riuniti in Voci all’imbrunire (Edizioni Lavoro) e ne Il dono del viandante (Ibis).
Di Pepetela, autore prolifico quanto interessante, in Italia era stato pubblicato nel 1989 dalle Edizioni Lavoro il romanzo Mayombe oltre al dramma La rivolta della casa degli idoli nel volume Teatro Africano (Bulzoni).
Il romanzo citato di Luandino Vieira, tradotto da V. Barca per Pironti, appare nel 2004, a quarant’anni di distanza dalla pubblicazione di Luuanda (Feltrinelli, 1964).
Dello scrittore capoverdiano Germano Almeida ricordiamo il recente I due fratelli, ricostruzione al modo di “cronaca di una morte annunciata” di un omicidio d’onore, mentre nel 1996 era stato pubblicato dall’Aiep-Guaraldi Il testamento del signor Napumoceno da Silva Araújo.
È importante segnalare all’interno di questo panorama la presenza di due scrittrici: la capoverdiana Orlanda Amarilis di cui l’AIEP – Guaraldi ha pubblicato nel 1995 Soncente (Racconti d’oltremare), brevi storie che affondano nella tradizione orale e descrivono la situazione degli abitanti di Capo Verde, soprattutto donne, costrette ad emigrare; e la mozambicana Paulina Chiziane – che definisce se stessa non una scrittrice bensì una “narratrice di storie” – con Il settimo giuramento (La Nuova frontiera, 2004), che descrive il conflitto fra modernità e tradizione, in cui il mondo magico prevale sull’aspirazione a un modello di vita occidentalizzato e in cui il tema centrale, seppur in parte mascherato, è quello di tutti i suoi romanzi: il rapporto tra l’uomo e la donna, in cui la donna finisce sempre per accettare il suo ruolo tradizionale di sottomissione e di accettazione del suo destino.
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA FRANCESE

La divulgazione delle opere di autori africani di espressione francese (Congo, Costa d’Avorio, Guinea, Mali, Camerun, Senegal, ecc) avviene in Italia tra la metà degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta. Degna di considerazione è l’Antologia della nuova poesia nera e malgascia di lingua francese pubblicata da Léopold Sédar Senghor nel 1948 e presentata nella sua versione italiana da Carlo Bo, con la famosa introduzione di J.P. Sartre.
Gli anni sessanta sono dominati dall’interesse per il movimento della “negritudine” con il suo principale esponente Senghor, presidente del Senegal dal 1960 al 1980. Ricordiamo di lui Poèmes, opera poetica completa edita da Seuil nel 1964 e pubblicata in Italia nel 1970; i suoi saggi e i discorsi sono riuniti nel volume Libertà 1: Negritudine e Umanesimo (Rizzoli, 1974).
Nella traduzione italiana abbiamo una prima testimonianza del romanzo in lingua francese con Il re miracolato del camerunese Mongo Beti (Feltrinelli, 1960), opera di denuncia anti-coloniale. Seguirà nel 1966, nella collezione Verdi Anni, la traduzione di L’Enfant noir del guineano Camara Laye, pubblicato con il titolo Io ero un povero negro” e riproposto dalla piccola casa editrice AIEP-Guaraldi nel 1993 con più felice traduzione del titolo (Un bambino nero); nel 1970 esce anche Il dovere di violenza del maliano Yambo Ouologuem, opera controversa dove viene demistificata la visione idealizzata del passato precoloniale africano diffusa dalla Négritude.
Tre autori senegalesi vengono portati alla luce dalla casa editrice Jaca Book: Ousmane Sembène autore de Il vaglia, Cheikh Hamidou Kane che con L’ambigua avventura descrive il conflitto tra i valori europei e quelli di una comunità tradizionale legata ai principi della spiritualità islamica, Birago Diop con i suoi poetici racconti ascoltati dalla viva voce del griot Ahmadou Koumba, opera di rivendicazione del magnifico patrimonio della tradizione orale africana, della “letteratura della memoria”, come viene definita dal grande romanziere e drammaturgo congolese Sony Labou Tansi, di cui parleremo più avanti.
La prima scrittrice francofona a giungere in Italia è la senegalese Mariana Bâ autrice di Cuore africano (SEI, 1980). Ricordiamo anche Werewere Liking con Orfeo africano (Harmattan-Italia, 1996).
Per le Edizioni Lavoro, nella collana “Il lato dell’ombra” diretta da Itala Vivan, esce nel 1986 dello storico guineano Djibril Tamsir Niane Sundjata, epopea dell’eroe fondatore dell’impero del Mali. E con lo scrittore maliano Amadou Hampâté Bâ ci propone nel 1988 L’interprete briccone; dello stesso autore nel 1993 Sinnos pubblica Petit Bodiel, entrambi i testi espressione della grande narrazione di tradizione orale.
Le due grandi case editrici Bulzoni e Einaudi nel 1988 pubblicano due volumi di Teatro africano che raccolgono il meglio della drammaturgia africana. Tra i francofoni, la malgascia Charlotte-Arrisoa Rafenomanjato, i congolesi Sylvain Bemba e Sony Labou Tansi. Quest’ultimo, morto prematuramente nel 1995, è stato animatore del Rocado Zulu Theatre di Brazzaville. Autore originale e prolifico, poeta, romanziere e drammaturgo, di lui citiamo oltre alle opere teatrali presenti nel volume citato, le Poesie inedite (La Rosa, 1997), i due romanzi La vita e mezza (Edizioni Lavoro, 1990) e Le sette solitudini di Lorsa Lopez (Einaudi, 1988). La forma del paradosso, dell’assurdo e del grottesco in un impasto linguistico che stravolge la lingua francese d’adozione è una delle caratteristiche di questo grande artista.
Ousmane Sembène appare negli anni ’90 con La nera di…( Sellerio) e il romanzo Il fumo della savana” (Edzioni Lavoro). Tra gli autori della Guinea francese degni di nota, oltre al già citato Camara Laye, va ricordato Tierno Monénembo con Il grande orfano (Feltrinelli, 2003). Un autore nativo della Costa d’Avorio recentemente scomparso si è imposto all’attenzione del pubblico e della critica ottenendo numerosi riconoscimenti: Ahmadou Kourouma, con Allah non è mica obbligato (E/O, 2004), tragica epopea dei bambini-soldato in Africa , I soli delle indipendenze, pubblicato in Francia nel 1968 e pubblicato in Italia da Jaca Book solo nel 1996 e Aspettando il voto delle bestie selvagge (E/O, 2001). Anche qui, come nel caso di Sony Labou Tansi, ci troviamo in presenza di un’originale contaminazione linguistica di francese, espressioni gergali e lingua africana, con effetti esplosivi e incisivi, riflesso di uno stato d’animo particolarmente segnato dalle vicissitudini storiche.
Per quanto riguarda la poesia, dopo i Canti di lotta e di speranza del senegalese David Diop, risalenti al 1979, abbiamo l’antologia Poesia africana-poeti subsahariani di area francofona a cura di M.J. Hoyet (Ponte alle Grazie, 1992), con l’interessante presenza di giovani poeti emergenti accanto ai magnifici J.B. Tati-Loutard, Tchikaya U Tam’si e Paul Dakeyo.
Uno dei padri della letteratura congolese francofona può considerarsi Emmanuel Dongala: Jazz e vino di palma (Edizioni Lavoro, 2004), tradotto a molti anni di distanza dalla stesura del testo originale, ci mette in contatto con la vivacità e l’ironia che caratterizza questo versante dell’espressione africana. In particolare colpisce il capitolo dedicato al mito del grande jazzista John Coltrane, strumento di riscatto dalla solitudine e dall’emarginazione grazie al potere evocativo ed esaltante della musica .
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA INGLESE

Abbiamo in quest’area il maggior numero (circa 130) di testi tradotti in italiano, fatto dovuto sia all’estensione dell’imperialismo britannico in Africa, sia alla maggior diffusione della lingua inglese a livello internazionale. Va inoltre sottolineato che in Africa esiste un rapporto meno traumatico e sofferto con la lingua inglese, che qui ha convissuto con gli idiomi locali, rispetto al francese e al portoghese.
L’istruzione e la nascita della vita intellettuale è stata inoltre favorita dalla precoce fondazione di scuole e università. L’inglese in Africa presenta molte varianti, per cui non può fornire un modello standard come in Australia e in America. Rimane il fatto che per molti scrittori non è la lingua delle proprie emozioni, per cui ci troviamo di fronte a un quadro eterogeneo anche per la diversa utilizzazione del registro linguistico.
I paesi dell’area anglofona sono: Lesotho, Zimbabwe, Somalia, Ghana, Botswana, Kenya, Nigeria, Sudafrica. Più dei due terzi dei testi sono nigeriani e sudafricani e i loro autori per primi hanno sviluppato una letteratura nazionale.
Spiccano i nomi dello scrittore nigeriano Wole Soyinka, Premio Nobel 1986 e della sudafricana Nadine Gordimer, Premio Nobel 1991.
La diffusione in Italia inizia negli anni cinquanta con pochi titoli e si sviluppa nell’arco di un ventennio. L’inizio della diffusione della letteratura africana in lingua inglese in Italia è segnato dal leggendario Il bevitore di vino di palma del nigeriano Amos Tutuola (ed. Bocca, 1954); ma il testo che ha posto le basi dell’intera narrativa africana contemporanea e uno dei libri contemporanei in inglese più letti nel mondo si può considerare Il crollo dello scrittore nigeriano Chinua Achebe (1962).
Negli anni ottanta pochi nomi nuovi, tranne il sudafricano J.M. Coetzee, si affacciano nel panorama letterario, mentre tornano alla ribalta W. Soyinka e Nadine Gordimer. Viene pubblicato a quasi un secolo di distanza dalla sua nascita (1883) Storia di una fattoria africana di Olive Schreiner.
A partire dagli anni ’90 vengono tradotti molti autori e autrici del Sudafrica (fra cui André Brink, Bessie Head, Zoe Wicomb ecc), in concomitanza con l’attenzione internazionale per la liberazione di Nelson Mandela e la sua successiva elezione a Presidente del Sudafrica. Gli scritti di Mandela sono memorie di carattere prevalentemente storico-politico (verrà però pubblicata nel 2004 la sua raccolta di Favole Africane).
Negli ultimi anni continua ad essere presente nelle nostre librerie un folto numero di autori africani di espressione inglese estremamente interessanti e innovativi, come il nigeriano Ken Saro-Wiwa (Foresta di Fiori, Socrates, 2004) e i sudafricani Zakes Mda (Verranno dal mare, E/O, 2005); Achmat Dangor (Frutto amaro, Frassinelli, 2005).
Segnaliamo tra le nostre recenti letture uno scrittore che ha avuto numerosi elogi e premi dalla critica per la sua attività letteraria: il narratore somalo Nurrudin Farah che con il suo ultimo Legàmi ci fa entrare gradualmente in un’atmosfera sospesa tra paura del presente ed evocazione del passato determinata dalla guerra. Nello sviluppo e nell’estensione della sua scrittura è determinante l’apporto della letteratura orale.
Un pregevole trittico femminile merita di essere citato: Yvonne Vera, scrittrice dello Zimbabwe, scomparsa prematuramente nel 2004, con Il fuoco e la farfalla e Le vergini delle rocce (Frassinelli, 2002 e 2004) ci dà un’appassionata rappresentazione delle drammatiche vicende storiche e private nel suo paese; Patricia Pinnock con Il cielo di Cape Town (Pisani, 2004) commuove con la sua scrittura che sembra trovare nella poetica del blues la sua più profonda ispirazione; Sindiwe Magona, sempre dal Sudafrica, con il suo primo romanzo Da madre a madre (Gorée, 2005) racconta, attraverso le parole che la madre dell’assassino rivolge alla madre della vittima, la tragedia dell’assassinio a Città del Capo di una ragazza americana da parte di un giovane nero istigato da un insorgente movimento antibianco.
Molti scrittori che, pur non essendo nati in Africa, hanno un forte legame biografico con il continente, vengono spesso considerati nel panorama generale della letteratura africana anglofona: Karen Blixen (Kenya), Doris Lessing (Zimbabwe), Rose Zwi e Stuart Cloete (Sudafrica) .
LETTERATURA DEL MAGHREB

L’africanità del Maghreb è poco rivendicata dagli africanisti stessi, che distinguono tra Africa bianca e Africa nera. Si riscontra inoltre uno scarso equilibrio tra le opere tradotte dall’arabo e quelle dal francese, il che impedisce una visione articolata e unitaria della cultura di quest’area.

Algeria
L’antologia Poeti e narratori d’Algeria (Mondadori, 1964) ha aperto un varco verso la letteratura di questo versante, fortemente connotata dalla impronta culturale araba.
Nella poesia e nella narrativa si coglie soprattutto l’impegno politico contro l’occupazione militare francese, il gusto per il fantastico e la tenacia nel denunciare con violenta decisione l’ordine patriarcale.
Dopo la prima pubblicazione apparsa in Italia nel 1960, Una gazzella per te di Malek Haddad, ricordiamo alcuni autori che si affermano sul mercato editoriale dagli anni ottanta in poi: Kateb Yacine con Nedjme, riferimento fondamentale della nuova letteratura maghrebina di espressione francese, libro del 1956 pubblicato solo nel 1983 da Jaca Book. Di lui ricordiamo anche la sua pièce più famosa, Il cerchio delle rappresaglie (Epoché, 2004); Assia Djebar, Rachid Boudjedra, Rachid Mimouni, Mammeri, Waciny Larey.

Di Mohammed Dib, autore ignorato per molti anni, sono stati pubblicati nel 2001 Un estate africana (AIEP), L’incendio e La casa grande, entrambi pubblicati da Epoché nel 2004. In quest’ultimo romanzo, dallo stile crudo e poetico nel contempo, l’autore situa l’azione prima della seconda guerra mondiale, nel momento in cui si parla di Hitler come di un salvatore degli Arabi. Il protagonista Omar, un bambino di dieci anni costretto a crescere in fretta è una figura emblematica che rappresenta il popolo della “casa grande”, vasta caserma in cui tutti sono ossessionati dalla fame e dalla miseria.
Negli anni ’90, accanto a scrittori già attivi da tempo e riproposti nelle loro ultime opere come Assia Djebar e Rachid Boudjedra, abbiamo nuove presenze come Yasmina Khadra, Souad Khodja, Ahlam Mostaghanemi. Di Rachid Boudjedra sono apparsi recentemente Cerimoniale (Epoché, 2004) e Cinque frammenti del deserto (Edizioni della Meridiana, 2004).
Sempre più visibile, il caso letterario della fine degli anni ’90, Mohamed Moulessehoul (ex ufficiale dell’esercito algerino) che continua a firmare con lo pseudonimo femminile Yasmina Khadra: Cosa sognano i lupi? (Feltrinelli, 2001) e Le rondini di Kabul (Mondadori, 2003). L’autore inoltre chiude la serie di romanzi noir che l’hanno reso famoso (in Italia inizialmente da E/O) che ha come protagonista il commissario Lobb, La parte del morto (2005). Situata nell’Algeria degli anni ’80 la vicenda vede Lobb, ex combattente della guerra d’Indipendenza e “pecora nera”, in mezzo alla corruzione dilagante, inseguire un pericoloso serial-killer. Ma Lobb non si accorge che viene manipolato da chi, dietro le quinte, trama la guerra civile.
Molto presente in Italia – tutti i suoi titoli vengono tradotti mano a mano che appaiono in francese – Assia Djebar (primo autore algerino eletto all’Académie française nel 2005): Le notti di Strasburgo (2000); Vasta è la prigione (Bompiani, 2001); La donna senza sepoltura (Il Saggiatore, 2002); Queste voci che mi assediano. Scrivere nella lingua dell’altro (Il Saggiatore, 1999), raccolta di narrazioni, poesie e brevi saggi che si intersecano, è stato detto, con la forza e la musicalità di un unico poema.
Fra le nuove generazioni segnaliamo l’ottimo Y. B. con Allah Superstar (Einaudi, 2003) e Zéro kill (Mondadori, 2001) senza dimenticare Rabia Abdessemed, La gatta di maggio (racconti) (Edizioni Lavoro/CRES, 2001), A. Djemai, Camping (Nottetempo, 2003), Leila Marouane, Doppio ripudio (Epoché, 2004) e Paul Smaïl con Ali il Magnifico (Feltrinelli, 2005), Amin Zaoui, Stazione di Monta per donne (2002) e La sottomissione (2003) entrambi per le edizioni Argo di Lecce.
Sono editi in Italia anche Maadi Charef, Azouz Begag e Nina Bouraoui. Di Leila Sebbar è uscito nel 1999 La ragazza al balcone (Mondadori) ed è presente nella raccolta Rose del Maghreb (E/O, 2003) col racconto “La cugina”.

Marocco

La letteratura del Marocco si affaccia sulla scena editoriale nel 1974 con l’opera di Driss Chraibi La civiltà, madre mia…(Franco Maria Ricci). La scelta editoriale italiana per quest’area segue soprattutto l’audience francese. Accanto alle opere non tradotte di un valido scrittore come Mrabet (Le boucs, 1955) troviamo l’affermato artista Tahar Ben Jelloun che nel 1987 ha ricevuto il Premio Goncourt, autore di numerose opere tradotte in italiano tra le quali citiamo: Creatura di sabbia (1987), Notte fatale (1988), Giorno di silenzio a Tangeri (1989), A occhi bassi (1992), L’albergo dei poveri (1999), tutti editi da Einaudi, la pièce teatrale La fidanzata dell’acqua (in Teatro africano a cura di Egi Volterrani), e i più recenti L’amicizia e l’ombra del tradimento (Einaudi, 2003), L’ultimo amico (Bompiani, 2004).
Di Abdelkhebir Khatibi è stato tradotto in italiano un solo libro, Amore bilingue (Edizioni Lavoro, 1992).  Del filone neorealista ricordiamo invece Addelhak Serhane e Mohammed Choukri. E’ stato accolto favorevolmente dal pubblico, soprattutto femminile, il libro di Fatima Mernissi La terrazza proibita del 1996, illuminante sulla condizione femminile nella sua terra.
Altri autori che occorre menzionare sono Edmond Amran El Maleh con il suo Mille anni, un giorno del 1994 e Abdellatif Laabi con Ordalia del 1982. Fra gli autori affermati continua la pubblicazione regolare delle opere di Driss Chraibi, L’Ispettore Alì e il corano (Marcos y Marcos, 2002 – tratto da Une enquête au pays, 1981; L’Inspecteur Ali à Trinity College, 1996; L’Inspecteur Ali et la CIA, 2003).
Interessante la nuova intensissima voce di Rachid O., Cioccolata calda (2005), di cui la Playground di Roma annuncia la traduzione dell’intera opera narrativa. Anche di Fatima Mernissi, nota intellettuale, docente universitaria di sociologia a Rabat, studiosa del Corano, saggista e narratrice, sono ora disponibili in italiano alcuni nuovi libri: L’harem e l’Occidente (Giunti, 2000); Islam e democrazia (Giunti, 2002); Karawan. Dal deserto al web (Giunti, 2004).
Tunisia
Anche per questo paese le traduzioni dei testi sono state fatte a distanza di molti anni dalla pubblicazione del testo originale. Per esempio, Ritratto del colonizzato di Albert Memmi, scritto nel 1957, da noi ha visto la luce solo nel 1979, così come La statua di sale del 1953 edito solo nel 1991. Ricordiamo la trilogia di racconti di Chems Nadir, le opere di Abdelwahab Meddeb e Fawzi Fellah.
Notevole è la produzione teatrale quanto quella novellistica di cui poco è stato pubblicato eccetto la pièce Les amoreux du cafè desert di Fadhel Jaibi del 1996. Fra gli autori tunisini le cui opere sono apparse di recente in Italia (purtroppo presso editori poco visibili) va assolutamente menzionata la prima traduzione del romanzo autobiografico ambientato nella Tunisi degli anni ’50 durante i tumulti anti-coloniali del famoso sociologo Albert Memmi (classe 1920) Il Faraone (a cura di Giovanna Parisse, Textus, 2000) e opere del più giovane Faouza Mellah tra cui Clandestino nel Mediterraneo (Asterios).
Libia
Tra le opere di questo paese è possibile leggere in italiano, grazie all’impegno di piccole e medie case editrici come Jouvence, Edizioni Lavoro, Giunti, Zanzibar, Ilisso, i testi teatrali di Abdallah al-Busiri del 1987 e i due romanzi di Ibrahim al-Koni, Pietra di sangue e L’oro, autore che merita un particolare rilievo e a proposito del cui romanzo Pietra di sangue (Jouvence, 1990) così afferma la studiosa Isabella Camera d’Afflitto:
“(…) E’ uno dei più grandi scrittori arabi di oggi, lo “scrittore del deserto” per eccellenza . Non si può attraversare il Sahara senza aver letto il suo romanzo”.
Egitto e Sudan
Due nomi spiccano fra tutti: quelli dell’egiziano Nagib Mahfuz, Premio Nobel 1988, tra le cui numerose opere citiamo i romanzi Il caffe degli intrighi (Ripostes, 1988) e Notti della mille e una notte (Feltrinelli, 1997); e Mahfuz, che tuttavia non si può considerare rappresentativo di tutta la letteratura egiziana né della vasta letteratura araba.
A partire dagli anni quaranta l’interesse dei critici e degli studiosi italiani è rivolto più che verso le opere di narrativa verso il teatro del grande drammaturgo Tawfiq al-Hakim, di cui viene tradotto nel 1943 L’albero del potere; tra le successive numerose traduzioni citiamo Viaggio nel futuro (1988). I giorni (1994) è il capolavoro narrativo di Taha Husein. Nell’antologia Narratori egiziani contemporanei curata da C.F. Barresi e pubblicata nel 1977 compaiono quelli che diverranno i più importanti esponenti della letteratura araba contemporanea: Ibrahim Aslan, Muhammad al-Busati, Gamal al-Gitani.
Da segnalare inoltre Nawal El Saadawi, Una figlia di Iside (Nutrimenti, 2002) e il libro della scrittrice egiziana Latifa al-Zayyat Carte private di una femminista (Jouvence, 1996).
Di Salih Tayeb, La stagione della migrazione a Nord (Sellerio, 1992), unica traduzione della letteratura sudanese, è tra i romanzi più interessanti che la letteratura araba abbia prodotto.
Per la stesura di questo breve panorama letterario abbiamo fatto riferimento soprattutto alla Bibliografia curata dal gruppo “Scritti d’Africa”: Scritti d’Africa – Bibliografia cronologica della letteratura africana edita in Italia dal 1913″, ISIAO, Roma, 2001 (curatori: Vincenzo Barca, Laura Brossico, Sandra Grieco, Maria Paola Guarducci, Toni Maraini, Monica Ruocco, Alessia Tiberio). Gli aggiornamenti sulle letterature del Maghreb sono a cura di Marie José Hoyet.

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