Nel mese di febbraio del 2007 la nostra associazione aveva prontamente aderito alla campagna internazionale “L’Africa non è in vendita” organizzando poi nel territorio incontri e dibattiti. Una mobilitazione europea convinta e partecipata. Eravamo convinti che l’emergenza e la disparità di trattamento che emergeva dal profilarsi degli accordi di partenariato economico (Economic Partnership Agreements), e di libero scambio delle merci tra Europa e Africa alla fine fosse rientrata e che le delegazioni avessero sostanzialmente rivisto le loro posizioni anche alla luce di quanto la società civile europea ed africana andava evidenziando. Purtroppo ci siamo sbagliati ed oggi a sette anni di distanza siamo di nuovo punto a capo.
La storia
Gli Epa sono stati iscritti nell’accordo di Cotonou nel 2000 con l’obiettivo di promuovere l’integrazione tra Stati ACP (Africa Caraibi e Pacifico), nell’economia mondiale e contribuire, attraverso l’integrazione nel mercato mondiale, a eradicare la povertà e incoraggiare lo sviluppo sostenibile del continente africano. Questo accordo però parte da lontano, nel 1975, quando gli allora 9 Paesi membri della Comunità Europea (Cee) e 46 stati Acp siglarono a Lomé, in Togo, la Convenzione che fece epoca nel nuovo rapporto tra Nord e Sud del Mondo. Nuove speranze e nuove opportunità si accendevano nell’Africa del cammino post-coloniale. L’idea era quella di favorire le esportazioni africane verso i paesi Cee senza essere sottoposti ad alcuna forma di tassazione all’entrata, mentre non valeva il contrario. La Convenzione poi riguardava anche gli aspetti legati alla cooperazione agricola, all’industria e servizi, cultura, sociale ecc. La Convenzione di Lomè, nel corso degli anni, è stata rinnovata più volte: nel 1980, nell’ 85 nel 90 con la IV Convenzione di Lomé, fino alla revisione del 1995 nelle Mauritius.
Con l’avvento della “globalizzazione la filosofia utilizzata nelle varie Convenzioni viene messa in discussione, come viene messo in discussione tutto l’ordine economico mondiale. Il liberismo la fa da padrone, gli aggiustamenti strutturali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, vengono imposti a numerosi paesi africani la logica del WTO (organizzazione Mondiale del Commercio), si impone con la messa in discussione anche dei protocolli agricoli che vengono messi in discussione.
Si arriva in questo modo all’accordo di Cotonou che traccio le linee e contenuti per la rinegoziazione dei rapporti commerciali tra UE e ACP. Le trattative iniziate nel 2002 dovevano concludersi entro cinque anni con la firma degli Epa, cosa che non è avvenuta anche grazie alla forte mobilitazione internazionale avviata nel 2007. Oggi però a 12 anni dall’inizio di quel round di trattative stiamo arrivando alla data limite del 1° ottobre con il rischio evidente della disparità e di sfavore degli ACP.
L’accordo EPA
Come nel 2007, l’Europa che nel frattempo è diventata a 27, pretende che i paesi ACP eliminino tutte le barriere di entrata su merci, prodotti agricoli e servizi provenienti dalla Ue, mettendo fine alla reciprocità che era garantita dalla Convenzione. Ora sapete perché i Cinesi hanno successo in Africa.
L’idea di fondo di questi liberali del libero scambio è che con la riduzione delle barriere commerciali, come richieste dal Wto, si incentiverà la crescita economica del Paesi in via di sviluppo contribuendo, anche in questo caso come nella Convenzione, allo sradicamento della povertà.
Le ragioni contro
Anche noi pensiamo che gli Epa così come la Ue sta negoziando, porteranno molti più guai che benefici ai paesi africani dando il colpo di grazia alle già loro precarie economie. La questione, in verità, è collegata al possibile rincaro delle materie prime vista la corsa impressa in questi anni da parte delle Cina, India e Brasile. Per l’Europa non è sufficiente sbandierare che con il 52% è il primo partner per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo, aiuti che spesso non sortiscono gli effetti sperati o promessi. Inoltre la maggioranza del Pil dei paesi africani dipende proprio dagli introiti dei dazi doganali. Senza quelli molte nazioni sarebbero fallite. Non dimentichiamo poi che i prodotti finiti delle manifatture africane, difficilmente potrebbero competere internazionalmente.
Tutti i vantaggi per gli europei e tutti gli svantaggi per gli africani. Ancora una volta l’Europa che ha colonizzato e sfruttato il Continente creando tutti i danni che sappiamo, tranquillamente ripropone uno schema” moderno” il cui risultato non cambia.
La situazione attuale
La società civile in vista della scadenza di ottobre, si sta muovendo con la sottoscrizione e diffusione dell’appello “Fermiamo gli Epa”,che anche noi di Time For Africa abbiamo sottoscritto. Non è sufficiente, dobbiamo fare di più . Parlare, organizzare incontri, fare pressione sulla politica. Impedire che questa commissione europea che è giunta in scadenza, prosegua le negoziazioni.
I lontani accordi ACP, Le Convenzioni di Lomé avevano aperto una speranza per un incontro solidale tra Europa e Africa ma oggi di fronte a questo tipo di accordi di “liberalizzazione” per lo sviluppo sono l’ennesimo tradimento dell’Europa nei confronti dell’Africa.