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La vittoria di Obama vista dal Kenya

Oggi è festa nazionale in Kenya, indetta ieri dal presidente Mwai Kibaki.. Il motivo? Celebrare l’elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti, la realizzazione del sogno americano compiuta da un uomo di origine keniana.

Da ieri si avverte una contentezza diffusa tra la gente, volti sorridenti e pronti a esclamare “Obama!�, diventato quasi una specie di saluto.  Un po’ in tutto il paese la storica vittoria è stata accolta con gioia, canti e danze, ampiamente ripresi dalle televisioni locali. A Kisumu, terra dove è nato il padre di Barack, i festeggiamenti sono iniziati già martedì, quando, per smorzare l’ansia dell’attesa, un gruppo di persone ha inscenato delle finte elezioni, mettendosi in fila per esprimere la propria preferenza. Mentre a Nairobi, alcuni hotel l’altro ieri notte hanno organizzato dei party per far condividere ai clienti la fibrillazione dell’attesa dei risultati. Anche gli abitanti di Kibera, il più grande slum della capitale, hanno esultato dopo aver passato la vigilia di questo indimenticabile giorno sventolando poster di Barack intorno al fuoco. Poi, c’è chi si è sbizzarrito con la fantasia, come un cuoco di un resort sulla costa che ha inventato un piatto ad hoc in onore delle storiche elezioni: due americanissimi hamburger, uno chiamato Obama, l’altro Mc Cain.

E’ da mesi che il nome di Obama rimbalza sulle bocche dei kenioti. Salendo su un taxi, nelle scorse settimane, non passava più di qualche istante prima che il “driver�, per spezzare il silenzio, chiedesse “allora, secondo te, vincerà?�. Il riferimento era ovvio. Non come nel 2007, quando in questo stesso periodo il Kenya si stava preparando a eleggere il proprio presidente, e quando prima di rispondere a questo genere di domande si doveva intuire a quale schieramento il proprio interlocutore appartenesse. Quello di Odinga, o quello di Kibaki, deducendolo spesso dall’appartenenza etnica della persona con cui si scambiava qualche battuta sull’evento dell’anno. La politica, estera questa volta, è stata fonte di unione anziché di frammentazioni e rivalità tra i kenioti. Tutti, con più o meno fervore, hanno fatto il tifo per questo ambizioso “fratello� d’oltreoceano, riscoprendo, forse, un sentimento di appartenenza alla medesima nazione, e ancor di più a uno stesso continente, bistrattato e lungamente sottomesso. «E’ un momento importante non solo per la storia degli Stati Uniti, ma anche per noi. La vittoria del senatore Obama è la nostra stessa vittoria perché le sue radici sono qui, in questo paese. Siamo orgogliosi per il suo successo» sono le parole con cui ieri Kibaki ha saluto i risultati delle elezioni, nelle quali vede l’apertura di un nuovo capitolo di dialogo tra gli americani e il resto del mondo, augurandosi un rafforzamento delle relazioni tra il Kenya e la Casa Bianca.

Tra la gente c’è chi spera in una maggiore attenzione da parte dell’America ai problemi dell’Africa e chi pensa che la vittoria di Obama si tradurrà in vantaggi economici e in politiche più favorevoli al Kenya. Al contrario, il perché dei festeggiamenti per molti sta nel solo valore simbolico di queste elezioni, vinte da un uomo dalla pelle nera che ha raggiunto la posizione di potere più importante al mondo. Sulla possibilità che ciò si traduca in effettivi benefici per il Kenya e per l’Africa, non tutti si illudono. Una tra gli intervistati dal Daily Nation, principale quotidiano del paese, ammette molto schiettamente di non aspettarsi da Obama niente di più di quanto la sua candidatura abbia già generato: un aumento di guadagni, derivanti da magliette e altri gadget elettorali.  Non si discosta di molto il parere di un secondo intervistato, il quale identifica, come possibile vantaggio economico, un maggiore flusso di turisti americani, curiosi di scoprire la terra dove affondano le radici del loro nuovo presidente. 

d.b.

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