
I giovani marocchini, guidati dalla Generazione Z sono scesi in piazza in città come Rabat, Casablanca, Tangeri e Marrakech per chiedere un futuro dignitoso con istruzione e assistenza sanitaria di qualità, giustizia sociale e rispetto dei diritti costituzionali. Questi giovani, la maggior parte dei quali non si sente rappresentata dai partiti politici tradizionali, difendono il loro amore per il Paese ma denunciano corruzione, disuguaglianze e mancanza di opportunità. Le proteste, inizialmente organizzate pacificamente, riflettono un crescente malcontento nei confronti di un sistema che considerano esausto e lontano dai reali bisogni della popolazione.
Il movimento GenZ212 , nato spontaneamente sui social media e consolidatosi attraverso piattaforme come Discord, è riuscito ad articolare questo malcontento in un movimento nazionale che coinvolge migliaia di giovani. I suoi messaggi invocano unità, dignità e speranza, invocando un cambiamento strutturale che garantisca servizi pubblici efficienti e un futuro ricco di opportunità.
La risposta dello Stato, tuttavia, è stata dura: arresti, scontri e un silenzio istituzionale che ha esacerbato il malcontento. Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato l’uso eccessivo della forza e la violazione delle libertà fondamentali. Le testimonianze dei giovani detenuti rivelano un divario crescente tra cittadini e autorità, mentre il governo si dichiara aperto al dialogo e promette riforme, pur senza azioni concrete a sostegno.
Al centro di questa rivolta sociale c’è una chiara contraddizione: mentre il Marocco investe miliardi in infrastrutture sportive per la Coppa del Mondo del 2030, sanità, istruzione e occupazione rimangono in crisi. Di fronte a questo, i giovani marocchini sono più consapevoli, connessi e resilienti che mai. Non accettano più le dimissioni come risposta e chiedono un Paese che ascolti le loro voci e dia priorità al benessere della sua popolazione rispetto agli interessi politici o di immagine internazionale. Ascoltiamo i giovani marocchini.