
Il 20 luglio 2025 ricorre il centenario della nascita di Frantz Omar Fanon , uno dei più influenti intellettuali del XX secolo, la cui opera ha plasmato il pensiero postcoloniale, la teoria critica e la pratica dei movimenti di liberazione in Africa e nel mondo. In occasione di questo anniversario, Time For Africa vuole celebrare la vita, le idee e l’eredità di un uomo che ha dedicato la sua esistenza a immaginare e costruire mondi liberi dal giogo del colonialismo e del razzismo sistemico.
Fanon, nato il 20 luglio del 1925 nella colonia francese di Martinica, crebbe in una famiglia borghese che abbracciava con orgoglio la cittadinanza francese. Come il suo insegnante Aimé Césaire, Fanon maturò fin da giovane una coscienza critica rispetto ai miti repubblicani di uguaglianza, scoprendo sul campo le contraddizioni di un sistema che proclamava libertà e fraternità pur mantenendo strutture di oppressione razziale.
Durante la Seconda Guerra Mondiale entrò nelle file delle Forze Francesi Libere, sperimentando sul campo di battaglia le dinamiche di discriminazione nel proprio esercito e testimoniando la contraddizione di un’Europa che combatteva il nazismo esibendo, al contemporaneo, atteggiamenti razzisti e segregazionisti verso i soldati coloniali. Terminato il conflitto, Fanon studiò medicina e psichiatria a Lione, laureandosi nel 1951. Lì conobbe i principali esponenti dell’esistenzialismo e della fenomenologia, integrando Freud e Sartre nella sua riflessione sul rapporto tra colonizzatore e colonizzato. Nel 1953 fu nominato direttore del dipartimento di psichiatria dell’ospedale di Blida-Joinville, in Algeria, dove coniugò pratica clinica ed impegno politico a fianco del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN).
Diagnosticato per la leucemia nel 1960, si spostò negli Stati Uniti per ricevere cure mediche. Morì il 6 dicembre 1961 a Bethesda, nel Maryland, senza aver però potuto assistere alla vittoria dell’indipendenza algerina, proclamata otto mesi dopo la sua morte.
Un’ eredità ancora da consumare
A cento anni dalla sua nascita, Frantz Fanon resta un punto di riferimento imprescindibile per chi in Africa – e non solo – vuole pensare la liberazione come processo globale, in cui salute, dignità e partecipazione democratica sono inseparabili. Le sfide del nostro tempo, dal cambiamento climatico alle disuguaglianze economiche, dai conflitti identitari alle pandemie, richiedono un approccio multidisciplinare e radicale: proprio come quello che Fanon ha inaugurato con il suo lavoro di medico, filosofo e rivoluzionario.
Riscoprire Fanon significa, oggi, continuare a immaginare mondi possibili. Mondi in cui le ferite della storia trovano riconoscimento, e le relazioni di potere si trasformano in relazioni di solidarietà. In un secolo segnato da crisi e speranze, il pensiero fanoniano è una riserva di idee e passioni da cui attingere per costruire un futuro liberato dai vincoli del passato.
Le opere e i suoi contributi teorici
Pelle nera, maschere bianche (1952)
Il primo libro di Fanon, inedito in lingua inglese fino al 1956 con il titolo Black Skin, White Masks , esplora la psicopatologia coloniale attraverso un approccio multidisciplinare che fonde psicoanalisi, fenomenologia ed esistenzialismo. Fanon analizza l’alienazione che colpisce l’individuo nero che, desiderando conformarsi ai modelli europei, interiorizza gli stereotipi imposti dal colonizzatore, producendo una nevrosi di massa.
Un colonialismo morente (1959)
Raccolta di saggi scritti durante la guerra d’indipendenza algerina, questo testo riflette sulle trasformazioni sociali indotte dal conflitto anticoloniale. Fanon indaga il ruolo delle donne nella lotta, la demistificazione dei miti coloniali e l’adozione di nuove tecnologie di resistenza, anticipando temi cari alle future teorie della decolonizzazione.
I dannati della terra (1961)
Considerata la summa del suo pensiero, I dannati della terra è un manifesto rivoluzionario dedicato alla liberazione dei popoli oppressi. Nella prefazione, scritta da Jean-Paul Sartre, Fanon sostiene che la violenza anticoloniale non è solo uno strumento politico, ma un atto catartico che rigenera la dignità del colonizzato. Il testo descrive inoltre i pericoli della post-indipendenza, denunciando l’emergere di élite corrotte e neocoloniali.
La pratica psichiatrica come rivoluzione sociale
Fanon ha sviluppato un modello di psicoterapia istituzionale – basato sull’integrazione del paziente nella comunità – criticando la separazione tra cura medica e contesto sociale. Rifiutando l’idea che la follia fosse un fatto puramente individuale, Fanon sostenne che molte patologie derivassero dalle condizioni oppressive del colonialismo. Per lui, attraverso una terapia di gruppo e un’azione politica congiunta, la salute mentale poteva diventare un terreno di trasformazione sociale.
Impatto sui movimenti di liberazione africani
Le idee fanoniane furono rapidamente accolte dai combattenti per l’indipendenza in tutto il continente africano. Particolarmente in Ghana, Senegal e Sudafrica, i leader nazionalisti ei militanti del panafricanismo – tra cui Kwame Nkrumah e Nelson Mandela – si ispirarono alla visione di Fanon sulla lotta armata come mezzo di affermazione della soggettività colonizzata.
In Algeria, nonostante le critiche interne, la sua opera contribuisce a radicalizzare i settori più giovani del FLN, ispirando strategie di guerriglia urbana e forme di comunicazione rivoluzionaria.
I tre testi citati sono disponibili nella Biblioteca dell’Africa di Udine