Si è concluso il summit Europa-Africa e ci auguriamo, al di là dei risultati raggiunti e non proprio esaltanti, che i leader europei si convincano a cambiare passo e guardare il continente africano in modo diverso. Con più rispetto e con logica win-win. Se l’Europa vuole essere veramente partner del continente deve adeguare le sue politiche a partire dalla questione Covid-19 che ha messo in luce la vulnerabilità delle società ed economie con una differenza: l’Africa, fino ad ora, ha retto in modo migliore gli effetti della pandemia.
Certo la soluzione prospettata per i vaccini non lascia intravedere cambi di rotta. Il tema della sospensione dei brevetti non è stato superato e questo, come dice Oxfam, “è un insulto per milioni di persone”. Ma il problema non è solo quello della produzione dei vaccini, sono i sistemi sanitari africani che andrebbero sostenuti, potenziati, per garantire l’effettiva possibilità di raggiungere e vaccinare le popolazioni.
Superare dunque la logica donatore-ricevente tipica della cooperazione nord-sud, cambiare verso alle politiche di aiuto e alle politiche di cooperazione che coinvolgono anche le ONG. Se l’Europa vuole veramente diventare partner deve cambiare approccio anche perché la concorrenza geopolitica in Africa è aumentata, soprattutto a vantaggio della Cina diventata, nel frattempo, il più importante partner commerciale del continente.
C’è poi la questione dell’immigrazione e della sicurezza, spina nel fianco dell’Europa che non riesce a definire una politica comune in grado di gestire e controllare i flussi e le spinte che arrivano da sud. Continuare a contrabbandare sicurezza contro diritti umani non risolve la questione, anzi la peggiora, vista la presenza di truppe europee sul suolo africano (Niger) o i lager libici ancora aperti.
L’Unione Africana non vuole regali ma progetti e i numeri portati dalla UE non sono tali da definire un percorso di medio lungo periodo di vera partnership con l’Africa.