Lo Zimbabwe al voto dopo cinque anni di convivenza forzata tra l’anziano presidente Robert Mugabe ,al potere dagli anni 80 con lo Zanu-Pf party e il primo Morgan Tsvangirai del Movimento per il cambiamento democratico (MDC) si avvia a nuove elezioni presidenziali. Una convivenza obbligata per gestire e risolvere la gravissima situazione economico e sociale che ha anche visto il crollo degli investimenti stranieri, passati da 5,14 miliardi di euro del 2011 ai 724 milioni di euro nel 2012. Questo anche a fronte di una legge sull’indigenizzazione che prevede che in qualsiasi impresa operante nel paese, il 51% della proprietà deve essere detenuta da cittadini zimbabwani.
Dopo la richiesta, respinta dalla Corte costituzionale, avanzata dall’opposizione di rinviare di alcune settimane le elezioni, il MDC ha deciso di accettare, a questo punto, la data decisa da Mugabe per la sfida elettorale prevista per il 31 luglio.
Le ultime elezioni presidenziali si erano svolte all’insegna della violenza e intolleranza (200 morti tra i militanti del MDC), quest’anno invece l’incognita sulle elezioni è rappresentato dal complesso militare, impegnato da sempre a difesa e sostegno dell’anziano leader che con i suoi 89 anni non vuole andare in pensione.
Il dossier di Misna, qui riportato inquadra bene la situazione del Paese.
Da anni, di fronte all’età avanzata del Presidente uscente Robert Mugabe, il gruppo di potere raccolto intorno Joint Operations Command è tentato di assumere direttamente la guida del Paese.
Il probabile candidato alla Presidenza nel caso di un golpe militare, è l’attuale Ministro della Difesa Emmerson Dambudzo Mnangagwa che metterebbe così da parte l’altro candidato alla successione, la Vice Presidente Joice Mujuru. Il Joint Operations Command (JOC) è considerato il “braccio secolare” del regime di Mugabe, che pur dovendo condividere il potere con il Premier Morgan Tsvangirai, il suo principale oppositore, ha conservato il controllo sulle forze di sicurezza, anche se formalmente la loro supervisione è conferita al National Security Council, organo presieduto da Mugabe e al quale partecipa Tsvangirai.
In pratica però è il JOC che coordina le forze armate (Zimbabwe Defence Forces, ZDF) la polizia e il servizio di intelligence (CIO, Central Intelligence Organization). Il JOC è inoltre il punto di intersezione tra le forze di sicurezza e il partito di Mugabe, lo ZANU PF .
Questo sistema di potere è però messo in crisi dalle lotte interne alle quali non sono estranee influenze straniere. Lo stesso Mugabe ha avviato una “purga” del CIO, con la scusa di dare la caccia a presunte talpe del Mossad israeliano. La vera e propria caccia alle streghe è stata denominata “operazione Muchombi Ndiani” (in lingua Shona “chi è il traditore e il venduto in mezzo a noi?”).
Israele, che ha interessi nel Paese relativamente ai commerci dei diamanti, nel recente passato ha venduto tecnologia antisommossa e sistemi di controllo delle comunicazioni al regime di Mugabe (il Mossad era stato addirittura accusato di aver aiutato a truccare le precedenti elezioni a favore del Presidente uscente).
La presenza degli 007 israeliani è messa inoltre in relazione a presunti scambi uranio zimbabweano contro petrolio iraniano negoziati tra Harare e Teheran. Tel Aviv però è stata scavalcata da Pechino che ha legami di lunga data con lo ZANU PF.
Il governo cinese ha di recente finanziato con 98 milioni di dollari la costituzione della Robert Mugabe School of Intelligence, una struttura incaricata ufficialmente di formare i nuovi agenti segreti dello Zimbabwe e di altri Paesi dell’Africa australe, ma che in realtà è anche il più importante centro spionistico cinese in Africa. La struttura ospita infatti una centrale di intercettazione elettronica gestita da tecnici cinesi e dello Zimbabwe.
Le accuse nei confronti del CIO sono da mettere in relazione anche allo scontro tra questo organismo e l’intelligence militare, il Military Intelligence Directorate (MID) e la Military Intelligence Unit (MIU), legata al comandante delle Zimbabwe Defence Forces (ZDF) Constantine Chiwenga.
Quest’ultimo a sua volta sembra avere scelto come referente esterno la Russia, interessata a stipulare un accordo per lo sfruttamento in esclusiva del platino zimbabweano in cambio di forniture militari russe alle forze armate locali. Durante una recente visita di una delegazione militare dello Zimbabwe a Mosca si è discusso dell’acquisto di elicotteri russi da parte delle ZDF.
La lotta tra l’intelligence militare (legata a sua volta all’industria bellica nazionale) e il CIO avrebbe già provocato una vittima. Si tratta di Elias Kanengoni, alto dirigente del CIO, morto a fine aprile di una strana malattia. Si sospetta un avvelenamento. Nello scontro tra le intelligence civile e militare, i servizi segreti della vecchia potenza coloniale, la Gran Bretagna, non rimangono certo alla finestra. L’MI6 ha conservato buoni contatti nelle strutture di sicurezza del Paese (sembra che lo stesso Mnangagwa avesse legami con gli 007 inglesi) , e alcuni transfughi del CIO hanno trovato rifugio a Londra. Insomma intorno allo Zimbabwe si sta combattendo una partita a tutto campo.