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Crisi dei rifugiati: ciò che l'Africa puo insegnarci

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Il 20 giugno si celebra la giornata mondiale del Rifugiato. Mai come oggi queste persone hanno avuto un peso così importante nelle nostre vite. Gli esodi biblici verso l’Europa,  di questi due ultimi anni, hanno lasciato il segno e sconquassato le nostre dormienti società alle prese con la crisi economica infinita dalla quale non sappiamo uscire.

I rifugiati uomini, donne, bambini sono diventati parte integrante della nostra vita e con la quale dobbiamo saper convivere. Accogliere, sostenere, integrare, aiutare, è necessario come è anche urgente cambiare il nostro pensiero, la nostra mentalità. Il rifugiato, l’immigrato, chiunque esso sia ormai è parte integrante della società globalizzata con la quale dobbiamo sapere interagire, entrare in relazione, convivere per costruire nuove e più avanzate relazioni umane.

Il mondo ha molto da imparare dall’ Africa, ecco perché

Ancora una volta l’Africa viene in soccorso, ci può aiutare.  Se governo lancia il Migration Compact, l’ Africa  ha la Convenzione di Kampala,  entrata in vigore nel 2012, che è decisamente più lungimirante. Testo di riferimento per i diritti umani ratificato, fino ad oggi da 25 Stati membri,  e che impone alle autorità pubbliche obblighi per garantire il benessere degli sfollati.

In Africa su 18 milioni di sfollati, emigrati,  ben 12,5 sono sfollati interni. Si tratta per lo più di bambini e di giovani sotto i 18 anni. Nel continente africano i campi di rifugiati, profughi, sfollati esistono da più di quarant’anni. I bambini che sono nati qui non hanno altri legami se non con questi luoghi, e le generazioni che qui si susseguono sono dimenticate.

L’ Africa si è interrogata e si è concentrata sulle soluzioni di sviluppo per l’integrazione dei rifugiati nelle loro comunità di accoglienza, sostenendo tutti i paesi e le persone che li ricevono e la convenzione di Kampala ne è il testo guida.

Alcuni paesi hanno capito che il modo più efficace di gestire i rifugiati è stato quello di farli partecipare all’economia locale. Così, la Tanzania ha concesso la cittadinanza a 200.000 rifugiati, dando loro accesso alla terra e consentendo loro di partecipare alla vita politica. Questo è anche ciò che rende lo Zambia, che ha concesso ai rifugiati di lungo termine lo status di residente e l’accesso ai diritti sulla terra. In Uganda , ai rifugiati sono assegnati piccoli appezzamenti di terreno nei villaggi e sono ben integrati nella comunità ospitante.

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Il campo profughi di Pabbo Camp, uno dei maggiori in Nord Uganda, con circa 63.000 persone, dicembre 2005. Flickr: John & Mel Kots.

A livello regionale poi, i paesi africani stanno cominciando a lavorare insieme per sviluppare soluzioni per  migliorare le condizioni di vita dei rifugiati. La logica è semplice: una volta che i rifugiati attraversano il confine, il problema assume una dimensione regionale.

Quali lezioni possiamo trarre?

Sarebbe ora più che mai necessario concentrarsi maggiormente sulle popolazioni ospitanti. Fornire alle autorità locali i mezzi per dare i servizi ai campi, laddove ci sono, e sostenere le comunità ospitanti nel favorire l’accoglienza e l’integrazione socio-economica. Far partecipare direttamente le comunità al processo decisionale attraverso un approccio di sviluppo delle comunità, dare voce e promuovere, nel contempo, la coesione sociale tra la comunità ospitante e gli sfollati.

In Africa, per rispondere a questa enorme sfida, la Banca Mondiale investirà nel 2016 $ 250 milioni  per aiutare le popolazioni che ospitano sfollati nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), Etiopia, Gibuti, Uganda e Zambia. Nella Nigeria nord-orientale, che ospita 1,8 milioni di persone sfollate a causa della rivolta Boko Haram. La Banca si è impegnata con  mezzo miliardo di dollari per migliorare l’accesso degli sfollati e degli abitanti delle comunità ospitanti all’assistenza sanitaria, l’istruzione e i mezzi di sussistenza e per consentire loro di tornare a casa volontariamente e in tutta sicurezza.

In tutto il mondo, migliaia di persone rischiano la vita ogni giorno in un disperato tentativo di sfuggire alla guerra e la violenza. Se vogliamo che gli sfollati, in particolare i giovani, possono condurre una vita produttiva al di fuori dei campi, dobbiamo affrontare la questione dello spostamento in termini di sviluppo .

CAPTION CORRECTION - NUMBER OF REFUGEES An aerial view shows the Zaatari refugee camp on July 18, 2013 near the Jordanian city of Mafraq, some 8 kilometers from the Jordanian-Syrian border. The northern Jordanian Zaatari refugee camp is home to 115,000 Syrians. AFP PHOTO/MANDEL NGAN/POOLMANDEL NGAN/AFP/Getty Images
CAPTION CORRECTION – NUMBER OF REFUGEES An aerial view shows the Zaatari refugee camp on July 18, 2013 near the Jordanian city of Mafraq, some 8 kilometers from the Jordanian-Syrian border. The northern Jordanian Zaatari refugee camp is home to 115,000 Syrians. AFP PHOTO/MANDEL NGAN/POOLMANDEL NGAN/AFP/Getty Images

 

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