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Cooperazione e solidarietà : al via il convegno SPeRa dedicato all'Africa

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E’ iniziato oggi a Genova il convegno  del consorzio SPeRA che quest’anno affronta il rapporto Volontariato- Impresa. Presente per Time For Africa una delle nostre volontarie Francesca che ci invia questo commento sulla tavola rotonda dedicata al Congo. 
 
 
RELAZIONE DELLA TAVOLA ROTONDA (CONGO), 14/11/2013 – Genova
E’ all’interno del Museoteatro della Commenda di Pré, nell’omonima piazza di Genova, che si è svolta oggi, giovedì 14 novembre, la tavola rotonda per le associazioni no-profit operanti nella Repubblica Democratica del Congo. L’iniziativa è inserita nell’evento “Solidarietà in Africa, volontariato e imprese” come ogni anno organizzato dal Consorzio SPERA, arrivata oggi alla IV edizione. In particolare, all’incontro svoltosi alle ore 15 nella Sala Mare, erano presenti le seguenti ONG: Bandeko Onlus, Psicologi nel Mondo, FMSI, AiBi, Cute Project, Madre Agnese Manzoni, Mabota, e noi di Time for Africa. Dopo una prima e rapida presentazione dei progetti di ciascun’associazione, si è entrati nel cuore dell’incontro. Quali sono le prinicipali difficoltà che le ONG affrontano in loco? La risposta a questa domanda è stata, in linea generale, unanime: dalla mancanza d’infrastrutture e limiti nei servizi di trasporto alla necessità di dare una continuità progettuale nel lungo periodo. In particolare, Psicologi nel Mondo fa notare che non c’è una collaborazione vera con i partners locali. Inoltre, sono proprio le associazioni di africani in Congo (Mabota e Bandeko) che sottolineano le alte spese di sdoganamento: quando si tratta di trasportare materiale utile (principalemente strumentazione medica), molto spesso s’incorre nei limiti imposti dalla frontiera e dalla dogana congolese. Ci si chiede dunque: c’è la possibilità presso le ambasciate italiane di ricevere agevolazioni per quelle associazioni che vogliono operare in quel paese? Mabota, inoltre, fa notare la difficoltà aggiuntiva che vive un’associazione di africani nel momento in cui si trova a operare nel proprio paese: come poter facilitare l’accesso al credito in un contesto in cui i contatti istituzionali sono spesso molto difficili? E’ evidente che, a questo punto, la conversazione si sposta sul senso attribuito all’aiuto e all’intervento di cooperazione. Si parla dell’inopportunità di “paracadutare  un progetto in Africa, elaborato però da noi occidentali[1]”.  Il portavoce di Madre Agnese Manzoni aggiunge anche il concetto di “futuro”, inesistente per le persone presso le quali si introduce un progetto, almeno fino a quando l’intevento non porta i suoi frutti. E’ proprio a questo punto che è stato pertinente introdurre il rapporto tra i concetti di “no profit” e “profit”. Riprendendo un aspetto già sottolineato da Mabota, è giusto pensare che la povertà in Africa coincida con una mancanza di opportunità. In questo senso mi è sembrato oppurtuno parlare di scarso “capitale civico”, nel senso di una difficoltà a sollecitare dei contatti tra istituzioni e cittadini (di “capitale sociale”, invece, l’Africa ne è ricca, non fosse che per le fitte relazioni che legano i vari membri delle comunità). E’ proprio sul capitale civico che bisogna lavorare, proponendo un nuovo senso da dare al “profit”. Il Mercato può rapprensentare una nuova occasione di collaborazione, più che di co-sviluppo. Lo “sviluppo” è sempre un concetto rischioso da trattare quando si parla di cooperazione internazionale. Ma la collaborazione è un’altra cosa: significa partire dalle risorse locali, valorizzando le stesse e, allo stesso tempo, facendo anche gli interessi di quelle imprese straniere che vogliono inserirsi nel mercato locale. Se si vuole davvero parlare di un rapporto “paritetico”, concetto più volte ripetuto nel corso del dibattito, allora bisogna cominciare a decostruire le categorie che imbrigliano l’idea di Mercato. E’ su quest’onda che si inserisce l’ultimo intervento-appello dell’incontro. Il rappresentante congolese di Mabota, rivolgendosi ai colleghi italiani lì presenti, dà una sua interpretazione dell’aiuto: “aiutare è collaborare e responsabilizzare, quando andate in Africa fate i ricercatori per scoprire di cosa abbiamo davvero bisogno”. Tale incontro si è proposto di essere operativo e costruttivo. Sebbene le intenzioni fossero nobili e l’idea della tavola rotonda sicuramente efficace, nei fatti non si può dire che ci sia stato un dibattito partecipato. Parlerei piuttosto di una rassegna dei vari progetti, delle difficoltà e delle proposte. Possiamo sperare che questo sia un primo passo verso la creazione di reti e scambi di competenze, sicuramente fondamentali per lavorare in contesti di cooperazione internazionale.  



[1] Inutile dire quanto sia contraria a questo modo di intendere la relazione con questi Paesi. Finchè si parla di noi/loro, occidentali/africani, finchè resta questa distinzione, anche concettuale, non si va da nessuna parte.

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