Brutta aria è l’editoriale che Pier Maria Mazzola ha aperto il n° 2 del 2016 della rivista Africa, che consigliamo a tutti di abbonarsi.
Brutta aria perché l’Europa, che voleva nella sua costituzione far riferimento alle radici cristiane, anziché dimostrarsi aperta e responsabilmente accogliente con quanti fuggono dai teatri di guerra e povertà, prosegue nella sua miope politica, condizionata anche dal blocco dei paesi dell’est che evidentemente non hanno colto il senso “Europa” .
Si organizzano incontri, meeting, consigli d’Europa che dovrebbero prendere le giuste decisioni che non arrivano mai. Intanto centinaia di migliaia di persone sono bloccate nei Balcani, in Grecia, in Croazia in condizioni a dir poco pessime….
Europa, cittadini, facciamo entrare aria nuova !!!
(dalla poesia di Emma Lazarus incisa ai piedi della statua della libertà di New York)
La Danimarca impone un “prelievo” agli esuli. La Tanzania minaccia di respingere gli etiopici in transito per il Sudafrica. La Svezia rimpatrierà 80.000 richiedenti asilo. In Sudafrica, un comizio del re zulu scatena violenze contro i lavoratori dei Paesi vicini. In Italia, dove pur ci si muove per i salvataggi in mare, la depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina (reato peraltro controproducente, secondo la Cassazione) viene procrastinata per… quieto vivere. In Libia – anche quando c’era Gheddafi e anche a prescindere dal traffico di esseri umani – gli espatriati subsahariani erano abitualmente bersaglio di razzismo. Dei rotoli di filo spinato sulle rotte dei Balcani, poi, tutti abbiamo gli occhi pieni.
E potremmo risalire ancora un poco nel passato per ricordare i “pogrom” ivoriani del 1999 ai danni di immigrati di lunga data, burkinabè e altri, come pure l’apocalittica espulsione dalla Nigeria di due milioni di stranieri (ghanesi per metà). Insomma tra Europa e Africa (per non allargarci agli altri continenti) non si notano grandi differenze nel rapportarsi con l’altro su scala sociopolitica.
«Uno sguardo su altri Paesi suggerisce che l’intolleranza stava diventando una caratteristica marcata di parecchie culture, anche distanti tra loro, in tutto il mondo», scrive Philip Jenkins in un libro appena uscito (La storia perduta del cristianesimo, Emi), che tratta delle plurisecolari vicende delle Chiese mediorientali a confronto con l’islam ma proponendo chiavi di lettura che appaiono pertinenti anche per il nostro oggi. Il XIV secolo, in particolare, fu un’epoca di svolta: «Il mondo stava cambiando, e sicuramente in peggio». Perché?
Mutamenti climatici, crollo dei prezzi delle materie prime, ruolo delle religioni, flussi migratori, insofferenza per i gruppi minoritari… Ci troviamo oggi immersi in problematiche degne del Trecento. Con, in più, dei volumi di popolazione più ingenti di allora; ma anche con più razionalità, più conoscenze, più mezzi, più ricchezza, più civiltà giuridica… Possibile che nei momenti cruciali non sappiamo reagire se non con il «cervello arcaico»?… Che «ha salvato l’australopiteco – diceva Rita Levi-Montalcini –, ma porterà l’homo sapiens all’estinzione».
Pier Maria Mazzola
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