Brucia l’Amazzonia e brucia l’Africa
In questi giorni di mobilitazione per l’Amazzonia più di qualcuno ha fatto notare che gli incendi in Africa sono più devastanti. Dalle info che circolano in internet e nei social media, le immagini sembrano dimostrare che la foresta del bacino del Congo è colpita da un disastro molto più grande. L’agenzia spaziale europea (ESA) stima che il 70% delle terre bruciate nel mondo si trovi nell’Africa sub-sahariana e che gli incendi africani rappresentino dal 25% al 35% delle emissioni di gas serra sulla terra.
E’ difficile dire se gli incendi in Africa sono più o meno “peggiori” di quelli in Amazzonia, entrambi sono sicuramente allarmanti, ma diversi. C’è poi anche da dire che le immagini satellitari pubblicate nei vari siti web spesso drammatizzano le reali situazioni.
La natura degli incendi è diversa: in Amazzonia c’è una lotta a cielo aperto da parte dei grandi proprietari terrieri, grande imprese fautrici dell’agricoltura intensiva, sostenuti indirettamente dal governo Bolsonaro, che hanno fame di risorse energetiche e vogliono in questo modo liberarsi anche degli indios, custodi della foresta amazzonica. Quindi gli incendi sono il risultato, principalmente, dalla progressiva deforestazione.
Secondo il ricercatore Guillaume Lescuyer, del Center for International Cooperationin Agronomic Research for Development ( CIRAD), in Africa questi incendi sono relativamente comuni nel senso che fanno parte della tecnica agricola dell’agricoltura “taglia e brucia”, ampiamente praticata nella regione. Questi fuochi non colpiscono gli stessi ecosistemi: gli incendi in Amazzonia hanno luogo nelle “foreste umide”, mentre quelli in Africa centrale colpiscono principalmente ecosistemi agricoli. “Le zone umide della foresta nell’Africa centrale si trovano nel nord della Repubblica Democratica del Congo-Repubblica Democratica del Congo, nel Gabon, nel Camerun meridionale”, afferma Guillaume Lescuyer. “Ora, le aree di fuoco che osserviamo nel la carta non è in quest’area. Piuttosto in Angola, in Zambia.
L’agricoltura africana taglia e brucia
L’agricoltura taglia-e-brucia, una tecnica molto popolare in Africa centrale, soprattutto alla fine della stagione secca. Consiste nello sgomberare manualmente uno spazio in modo che la vegetazione venga essiccata e quindi bruciata correttamente. “Si tratta in genere di 1-3 lotti da 0,5 a 1 ha all’anno per nucleo familiare, in modo molto generale”, afferma Guillaume Lescuyer. È un metodo tradizionale, per arricchire il terreno e assicurarsi di avere sali minerali in superficie, accelerando così la crescita delle piantagioni. Si tratta di incendi che normalmente rimangono sotto controllo. “L’area sgomberata è circondata da foreste, più o meno degradate, ma conserva una biomassa umida che impedirà in anticipo la propagazione del fuoco al di fuori delle terre sgomberate.
Certo è che questa tecnica va bene per il breve termine, ma rimane dannosa per l’agricoltura, perché finisce per impoverire il suolo a lungo termine.
Anche l’Africa centrale è in pericolo
Gli incendi che si stanno verificando in Africa centrale non sono banali ed evidenziano la “pressione sulle foreste” che si verifica, spiegano i ricercatori. L’Africa centrale è ricca di una foresta chiamata “foresta del bacino del Congo”, che copre oltre 2.000.000 di km2, più di tre volte più grande della Francia. Come la foresta pluviale amazzonica, il bacino del Congo copre diversi paesi: Camerun, Gabon, Guinea Equatoriale, Congo, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana. Come l’Amazzonia, gli alberi del “secondo polmone verde del pianeta” assorbono una grande quantità di anidride carbonica e rilasciano ossigeno. In un rapporto del 2008, l’Osservatorio della Commissione foreste dell’Africa centrale (Comifac) stima che tutte le sottoregioni del bacino del Congo immagazzinino 46 miliardi di tonnellate di carbonio, oltre ad ospitare migliaia di specie animali e vegetali vitali per l’equilibrio ecologico ed economico della regione.
A cura redazione TFA