la letteratura africana della Diaspora, gia oggetto di approfondimento nella tavola rotonda di sabato 4 ottobre.
Igiaba Scego è nata in Italia, a Roma, da una famiglia di origini somale. Dopo la laurea in Letterature Straniere presso, ha svolto un dottorato di ricerca in Pedagogia all’Università Roma Tre e attualmente si occupa di scrittura, giornalismo e ricerca avente come centro il dialogo tra le culture e la dimensione della transculturalità e della "Migrazione".
Collabora con molte riviste che si occupano di migrazione e di culture e letterature africane tra cui «Latinoamercica», «Carta», «il Ghibli» e «Migra. Le sue opere, non prive di riferimenti autobiografici, si caratterizzano per il delicato equilibrio tra le sue due realtà culturali d’appartenenza, quella italiana e quella somala, quella d’origine e quella vissuta nella quotidianità, che restituiscono abilmente la doppiezza della dimensione sincretica in cui è cresciuta, resa significativamente dalla definizione che offre di se stessa: Somala di origine, italiana per vocazione.
Giulia De Martino, laureata in lettere moderne alla Sapienza di Roma, impegnata nelle attività di formazione interculturale con le scuole e con la Caritas. Opera anche come volontaria nell’associazione “Senzaconfine” occupandosi di immigrati e rifugiati. Fondatrice dell’assocaizone “Scritti d’Africa” che dal 1999 si occupa della diffusione della letteratura africana e della letteratura degli africani inlingua italiana.
* Babilonia è un vasto romanzo intensamente politico e intensamente carnale che, facendo perno su Roma e passando per Tunisi, affonda nella Somalia colonizzata, liberata, distrutta, e nell’argentina desaparecida ed esiliata, intrecciando storie-quattro madri e figlie e il controcanto di un padre introvabile- in forme geometriche e variopinte come quelle stoffe africane che il padre, appunto, dipinge e regala nei tempi di un incessante errare.
La frase Oltre Babilonia, spiega una voce narrante, si ispira a Bob Marley, all’immagine biblica di una estrema sofferenza, da cui si spera di uscire vivi – come in fondo fanno le protagoniste. Un romanzo simile, però, non può non evocare anche l’immagine della Babele multilingue all’origine di tutte le diaspore.
* dalla recensione di Alessandro Portelli del Manifesto