La prossima settimana il 13 e 14 novembre , gli esperti umanitari e dello sviluppo di tutto il mondo si riuniranno a Bruxelles per la conferenza annuale AidEx per discutere di resilienza, di sostenibilità dello sviluppo e perfino se il sistema di aiuti non sia una nuova forma di colonialismo . L’approccio integrato utilizzato nel corso della due giorni dedicata all’aiuto umanitario consentirà di affrontare le tematiche collegate alle politiche e ai vari modelli di “assistenza” dal punto di vista della resilienza e come questa interviene nel rapporto tra azione umanitaria e sviluppo.
Il concetto di resilienza applicato all’aiuto e allo sviluppo è stato adottato da non molti anni. Resilienza deriva dal latino resilio, letteralmente saltare indietro, ritornare a uno stato originario. Ma resilienza non significa solo resistenza al cambiamento, per questo si parla spesso dei poveri che sono resilienti allo sviluppo. La resilienza può essere considerata anche come capacità di compiere adattamenti per rispondere a nuove sollecitazioni o contribuire a modificare sensibilmente un sistema sia esso famiglia o comunità. Se adottiamo quest’ultimo criterio la resilienza può esser descritta come capacità di assorbimento, di adattamento di trasformazione. Resilienza dunque come sintesi dinamica di queste tre capacità.
Le discussioni al AidEx utilizzeranno questo punto di vista per gestire al meglio le conseguenze delle catastrofi umanitarie e di come le popolazioni dovranno adattarsi ai cambiamenti climatici. Sicuramente un compito arduo ma necessario anche per migliorare e rendere più efficaci ed efficienti gli interventi. “Le sfide che attendono le future generazioni, ha sottolineato Rainer Frauenfeld dell’UNOPS, richiedono un pensiero comune, azione e apprendimento”.
La costruzione della resilienza della comunità non può essere raggiunto da un singolo attore, sono necessari approcci multi settoriali sia a livello comunitario, nazionale e internazionale secondo l’autorevole voce di Virginie Louis della Croce Rossa. In linea con questo approccio multi – settoriale , un consorzio internazionale di 19 ONG umanitarie presenterà un Fondo multi-donors che fornirà assistenza imparziale alle comunità colpite da crisi. Si tratta di un Found a cui parteciperanno anche industrie e società private che operano anche al di fuori del settore umanitario.
Mentre il “settore” aiuti cerca di costruire comunità resilienti, si cerca anche di rafforzare le ONG locali e di primo intervento perché responsabilizzare gli attori locali significa anche lavorare per decentrare le strutture di governance del sistema umanitario. Ma il decentramento è possibile date certe condizioni che devono essere in linea con i principi dominanti, gli standard e le pratiche di settore. Se vengono rimosse queste condizioni, sarà possibile costruire un nuovo consenso su regole appropriate per l’azione umanitaria senza che queste siano imposte dagli organismi internazionali? La discussione approfondirà anche queste questioni. Con gli aiuti si veicolano anche altri messaggi, una sorta di nuovo colonialismo ? Su questa questione nel mondo umanitario il dibattito è aperto. Più di qualcuno sostiene che la ricerca del consenso sarebbe, in ultima analisi, un modo per portare e imporre norme percepite come “occidentali” e per evitare questo sarebbe più giusto e utile puntare alla responsabilizzazione dei soccorritori locali accettando approcci basati su contesti locali. Su questo tema ci sarà una tavola rotonda ad hoc “Affari Umanitaria: un nuovo consenso o un nuovo colonialismo ?
Catherine Trevelline di Children UK nel suo gruppo di discussione dovrà stabilire se il consenso è possibile o addirittura auspicabile . “Noi proporremo che, in realtà, è necessario accettare e promuovere diversi modelli di assistenza, devolvendo potere non solo rischio e responsabilità” .
Altro aspetto importante è quello degli acquisti sostenibili: le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite attivano forniture per miliardi di dollari di aiuti ogni anno. Questi aiuti, questi acquisti se non vengono gestiti con responsabilità possono provocare conseguenze negative a lungo termine nelle comunità aiutate . Per esempio, se una agenzia di aiuto fornisce grandi quantità di mais in una comunità in cui molti agricoltori vendono già il mais , l’assistenza potrebbe portare a un crash dei prezzi di mais locali , impoverendo agricoltori e provocando una maggiore insicurezza alimentare.
Insomma un salone dell’aiuto umanitario molto interessante per ridisegnare le politiche del futuro dell’aiuto e dello sviluppo.