La cooperazione con l’Africa, i Caraibi e il Pacifico (i paesi ACP), ha rappresentato la prima politica estera di aiuto allo sviluppo dell’Unione Europea con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo del continente africano. Questi obiettivi sono stati raggiunti? Quali problemi e quali benefici le politiche di cooperazione allo sviluppo hanno effettivamente portato all’Africa. Gli accordi di Lomé, capitale del Togo, (Convenzione di Lomé) rinnovati diverse volte nel corso degli anni 1976-2000, dovevano facilitare l’accesso all’aiuto finanziario per lo sviluppo e l’accesso privilegiato al mercato dei prodotti africani. Sappiamo come è andata a finire.
La nascita poi dell’Organizzazione mondiale del commercio, che ha mutato le regole internazionali, ha costretto i paesi africani a definire un nuovo patto UE-ACP con l’accordo di Cotonou (città del Benin) siglato nel 2000. Obiettivo di questo secondo accordo è quello di far nascere un sistema di libero scambio tra paesi ACP e UE i famosi EPAs . Nel corso del vertice di Lisbona del 2007, i Paesi africani hanno respinto questa forma di partenariato che avrebbe costretto l’Africa ad aprire le frontiere in cambio di nulla.
La cooperazione internazionale nasconde spesso insidie e forme di controllo subdolo che non favorisce le popolazioni africane. La solidarietà, sull’altro versante, invece spesso non favorisce la costruzione di rapporti di reciprocità, ma alimenta l’assistenzialismo e la dipendenza.
Di tutto questo parleremo nel corso dell’incontro con il prof. Victor Chatue all’Università delle Liberetà a Udine in Via Nievo, dalle 18,00 alle 19,30.