Lasciate da parte l’idea di Africa costruita su falsi miti che sono stati utilizzati in modo sapiente per prosciugare e svuotare il continente. La globalizzazione spinta ha prodotto il nuovo baricentro dello sviluppo verso la Cina, il sud est asiatico e India che assieme ospitano il 60% della popolazione mondiale. Non cambia solo l’economia cambiano anche i pesi della geopolitica, della geo-economia con la Cina protagonista che, oltre ad essere la fabbrica del mondo si accinge anche a diventare pilastro politico. Anche l’Africa cambia, sta cambiando. Per la prima volta il continente africano contribuirà alla crescita globale grazie alle economie di alcuni dei suoi stati: Nigeria, Sud Africa Ghana, per citarne alcuni. Il ministro delle finanze del Camerun Ousmane Mey, nel recente incontro al FMI, ha sottolineato che “l’Africa è il continente che ci permetterà di superare il rallentamento della crescita” nel resto del mondo. Gli ha fatto eco il collega sudafricano Ngozi Okonjo “ l’Africa è un posto diverso e per la prima volta saremo capaci di dare il nostro contributo alla crescita globale”. Ho voluto citare queste due autorevoli fonti per dimostrare che l’Africa non è più ai margini della storia perché, a fronte dell’infinita crisi economica dell’occidente ed Europa in particolare, questo continente si sta riprendendo in mano il proprio destino rompendo in qualche modo il cordone ombelicale che lo teneva ancorato all’Europa che ne ha condizionato il cammino di liberazione e di sviluppo. Nel frattempo nel mondo e nello stesso continente africano le cose sono cambiate. Contrariamente a quanto si pensa il cambiamento africano ha una duplice radice legata a ciò che accade all’interno dei singoli stati e ciò che accade all’esterno e che fa parte dei nuovi equilibri che il mondo stà cercano. Le primavere arabe sono la conseguenza della forte domanda di partecipazione delle popolazioni che vogliono essere protagoniste delle sorti della comunità e della nazione in cui vivono. Queste proteste hanno per il momento sicuramente prodotto la fine del pan arabismo di stampo socialista. Tutti quei regimi sono crollati: resiste ancora la Siria di Bashar al-Assad. Comunque andranno a finire le primavere arabe feconderanno nuove forme di democrazia non necessariamente fotocopie di quelle occidentali e queste esperienze potranno essere utili anche ai paesi subsahariani alla ricerca di una propria via allo sviluppo. In relazione alla radice esterna, l’Africa subisce il riposizionamento dei nuovi player come la Cina, l’India ma anche gli Stati Uniti che per assicurare il loro futuro hanno attivato nuove forme di soft-colonialismo che ne possono compromettere il cammino di crescita sociale ed economica di questi anni. Ancora oggi l’Africa è una pentola che bolle, come titolava un libro di Jean Leonard Touadi, di qualche anno fa. Oggi nella pentola ci sono gli africani che vogliono tornare ad essere padroni del loro destino , protagonisti del loro sviluppo e noi possiamo essere accanto a loro affinché ciò accada.